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martedì 14 febbraio 2017

Un inedito di Bettino Craxi: «Ecco cosa fu Tangentopoli»

A partire da martedì prossimo, fino a sabato, il Dubbio pubblicherà il memoriale di Craxi

Nel febbraio di venticinque anni fa ( esattamente il 17 febbraio) nasceva Tangentopoli. Cioè iniziava quell’inchiesta giudiziaria, chiamata “Mani pulite”, condotta da un pool di magistrati i cui nomi sono ancora oggi molto noti ( Di Pietro, Davigo, Colombo, D’Ambrosio, Ielo, coordinati dal Procuratore Borrelli) che in pochi mesi avrebbe raso al suolo la Prima Repubblica, cancellato partiti democratici radicatissimi, come la Dc e il Psi ( oltre a vari partiti più piccoli), eliminato leader di grande statura, riformato profondamente e ridimensionato tutta la politica italiana.
I numeri di quella inchiesta sono impressionanti. Più di 20 mila avvisi di reato, più di quattromila arresti, una decina di suicidi. Tutti tra esponenti alti e medio- alti del mondo politico e imprenditoriale. Alla fine ci furono un migliaio di condanne. Che indubbiamente sono tante, ma sono anche poche se si considera la quantità di persone travolte dall’inchiesta e poi risultate innocenti. Più o meno 19 mila.
Tra i condannati, molti hanno continuato a reclamare la propria innocenza. E tra questi il più famoso di tutti, e anche il più combattivo, è stato Bettino Craxi.
Sapete che Craxi nel 1994 si rifugiò in esilio in Tunisia. E lì trascorse gli ultimi sei anni della sua vita. Pochi mesi pima di morire, nella speranza che il parlamento si decidesse a varare una commissione di inchiesta su Tangentopoli, Craxi scrisse un memoriale di 24 pagine che poi non fu consegnato a nessuno, perché la commissione di inchiesta non fu mai formata, forse per pigrizia, più probabilmente per non sfidare la magistratura, che non gradiva.
Così il memoriale di Craxi, che doveva essere una relazione da consegnare alla commissione parlamentare, è rimasto in questi anni alla fondazione Craxi. La quale gentilmente, in occasione di questo anniversario, ci ha concesso di pubblicarlo. Lo faremo, sul Dubbio, a partire da martedì prossimo, suddividendolo in cinque puntate: una puntata al giorno, fino a sabato.
Si tratta di un documento inedito, molto interessante, e di valore storico assoluto. Perché ricostruisce la vera struttura di Tangentopoli. E cioè racconta di come la Repubblica italiana, dall’inizio della sua vita, nel 1945, ha visto la propria struttura politica principale – costituita dai partiti – finanziata permanentemente in modo illegale o irregolare. E di come questa metodologia fosse da tutti ben conosciuta e da tutti accettata. Nel mondo politico, nel mondo dell’economia, nella magistratura. Perché allora il problema fu sempre ignorato? Perché nessuno aveva mai voluto mettere le mani sulla questione, molto complicata, del finanziamento dei partiti. Per superare il finanziamento illegale c’erano solo due strade: realizzare un robusto e adeguato finanziamento pubblico, che rendesse inutile il finanziamento illegale, oppure abolire i partiti. Fu scelta la seconda via.
Craxi descrive in modo dettagliato i costi della politica democratica, e poi racconta la natura dei finanziamenti ( che erano e non potevano essere che ingenti) dagli anni 40 in poi: potenze straniere, enti pubblici, impresa privata. E ragiona anche su come, almeno in parte, questi finanziamenti condizionassero le scelte dei partiti, sia sul terreno delle politiche economiche sia della politica estera.
La lettura del memoriale- Craxi pone, quasi 20 anni dopo la sua morte, alcune domande molto serie e anche difficili. Provo a riassumerle in modo schematico 1) Se è vero – e non mi pare che nessuno mai abbia nemmeno provato a smentire questo dato – che tutta la politica, per quasi cinquant’anni, è stata finanziata illegalmente, perché solo nel 1992 la magistratura ha deciso di intervenire?
2) Se è vero che tutta la politica era finanziata illegalmente, perché furono colpiti solo i partiti di governo, e in particolare il Psi?
3) Se è vero, come oggi dice il dottor Davigo, che i finanziamenti illegali sono continuati per anni, e ancora continuano, come mai nel 1994, e cioè dopo che Bettino Craxi era stato abbattuto, “Mani pulite” si fermò? Craxi era un obiettivo speciale per il pool milanese? La sua sconfitta fu considerata un risultato sufficiente per il successo dell’inchiesta?
4) La scelta di affrontare il finanziamento illecito dei partiti coi “bulldozer”, che provocò di fatto la fine del partito politico – di massa, democratico e popolare – che avevamo conosciuto fino ad allora, fu sostenuta in qualche modo da forze estranee alla magistratura ( forse economiche, editoria, giornali) che erano interessate a nuove forme, leaderistiche e personalistiche, di politica, che riducessero al minimo il tasso democratico, e semplificassero il processo decisionale e il rapporto tra politica e altri poteri?
Per ora ci fermiamo a queste domande. Nei prossimi giorni, pubblicando il memoriale di Bettino Craxi, cercheremo di aprire la discussione su questi argomenti. Forse il fatto che sia passato un quarto di secolo può consentire, oggi, una discussione vera, senza tabù, per capire davvero cos’è successo, perché è successo, se tutto quello che è successo è stata una grande opera di giustizia o di ingiustizia.
“La pioggia di rubli sul Pci non si è mai fermata”
Pubblichiamo in esclusiva la terza puntata del Memoriale scritto nel 1999 da Bettino Craxi su Tangentopoli.

 bettino-craxi
In materia di finanziamento estero il Pci, divenuto poi Pds, a differenza degli altri Partiti, aveva organizzato una vera e propria struttura permanente che nel corso dei decenni, si è venuta costantemente ampliando e perfezionando sì da garantire dei flussi di finanziamento costanti che rappresentavano una parte certamente rilevante delle sue entrate.

Il potere sovietico, anche nei momenti di incomprensione e di difficoltà nei suoi rapporti con il Pci e le sue elaborazioni politiche, sia pure diffidandone, ha sempre continuato a considerare il Partito Comunista italiano come il suo principale alleato occidentale. In nessun altro Paese dell’Occidente un partito comunista era mai del resto riuscito a realizzare un così forte radicamento popolare e ad esercitare una così grande influenza come il Pci in Italia.

La sua posizione era considerata di essenziale importanza anche perché si trattava di un Paese di frontiera dell’Alleanza Atlantica. Tra l’Urss e il Pci si mantenne vivo un legame storico profondo che tale rimase anche quando si erano allargate le maglie dell’autonomia del movimento comunista italiano e si era venuto modificando il rapporto di stretta obbedienza ideologica e politica rispetto al potere sovietico, e la stessa Urss aveva preso a finanziare frazioni interne del Pci.

Restava comunque la sistematica continuità e l’ampiezza degli aiuti finanziari che non sono mai venuti a mancare. Questi contributi provenivano direttamente dal Pcus e, a partire dal ’ 74, da una apposita organizzazione alimentata con fondi dell’Urss e dagli altri Paesi del Patto di Varsavia. Provenivano da interventi specifici del Kgb e da Servizi Segreti collegati.

Provenivano da altre entità ed istituzioni sovietiche compresa la “Croce Rossa”. Si trattava di aiuti finanziari e di altre forme di solidarietà attraverso la erogazione gratuita di servizi sanitari, di ospitalità politica e turistica, di servizi culturali, di formazione accademica e professionale ed anche di specializzazione in vari campi, ivi compresi attività di natura spionistica e clandestina. Ma la parte di gran lunga più rilevante proveniva dalle attività di import- export, dirette, indirette, partecipate e dalle commissioni sui grandi lavori effettuati da imprese italiane in Urss e nei Paesi del Comecon.

Era anche in ragione di questo sostegno straordinario che proveniva, con un flusso costante, dal blocco politico- militare avverso al blocco politico- militare di cui faceva parte il nostro Paese, che il maggior Partito di opposizione poteva contare su strutture burocratiche partitiche permanenti che non avevano l’eguale in nessun altro Paese del mondo non comunista, e poteva parimenti contare su risorse certamente all’altezza se non superiori a quelle di qualsiasi altro Partito Italiano di governo e non.

Nello scontro politico non mancava un fattore anomalo.

Risulterà infatti anche storicamente accertato il comportamento di totale cinismo di gruppi economici ed industriali di primo piano del nostro Paese che, perseguendo il loro particolare interesse e, in taluni casi, anche in violazione delle norme concordate in sede di Alleanza Atlantica, alimentarono la possibilità di finanziamento dei comunisti italiani, contribuendo ad accrescere in tal modo la distorsione dei rapporti nella vita democratica nazionale. Non c’è dubbio, del resto che il finanziamento estero assicurato ai comunisti italiani era di natura tale da provocare, in questo campo, il moltiplicarsi delle reazioni, in un certo senso convenzionali, delle formazioni politiche di Governo.

Le leggi sul finanziamento pubblico dei partiti che si proponevano di riportare ordine nella materia, di regolarla, di assicurare un sostegno pubblico sostitutivo dei sistemi di finanziamento irregolare che si erano venuti sempre più diffondendo, in realtà non riuscirono affatto a modificare di molto la situazione.

Mentre da un lato infatti i Partiti potevano contare su di un contributo annuale certo anche se delimitato, dall’altro si trovavano sempre di fronte ad un aumento crescente dei fabbisogni e delle spese.

I contributi dello Stato erogati sulla base della legge erano d’altra parte già in partenza del tutto inadeguati e per di più non indicizzati. Con il passare del tempo l’incidenza ed il valore del contributo pubblico si venne così progressivamente ridimensionando.

In rapporto ai contributi erogati dallo Stato ai Partiti politici in altre democrazie europee, per esempio la Repubblica Federale tedesca, il contributo italiano appariva di gran lunga inferiore e largamente in-suffi-ciente. Dal canto loro invece le spese continuavano ad aumentare.

Era il portato stesso dello sviluppo della società burocratica, dall’estendersi delle reti di informazione e dei servizi mentre si moltiplicavano le varie articolazioni e strutture necessarie per l’efficacia della propaganda e mentre contemporaneamente crescevano anche gli stimoli verso la spettacolarizzazione della politica, e la connessa competitività per la conquista del consenso.

La ricerca di mezzi finanziari per sostenere ed alimentare le attività politiche in tutte le loro diverse espressioni, invece di ridursi, era sollecitata ad allargarsi, sia ripercorrendo le vie consuete che individuandone di nuove. In questo modo finivano con l’ampliarsi anche aree contigue ed oscure entro le quali questa ricerca di mezzi finanziari, fatta in nome e per contro dei partiti, spesso si trovava ad agire in modo incontrollato e difficilmente controllabile. E, all’interno di aree oscure, diventava molto difficile impedire il diffondersi, in livelli diversi, di degenerazioni e di corruttele di molteplice natura.

Bisogna considerare inoltre che all’aumento continuo delle spese corrispondeva da un altro lato una progressiva riduzione delle entrate tradizionali ordinarie e cioè quelle derivanti dalle quote associative e dalle sottoscrizioni volontarie. Talune spese erano peraltro di natura tale da non poter essere fatte oggetto di riduzioni. Per esempio le spese per il personale. Queste non potevano essere quasi mai ridotte. Di fronte a misure di riduzione, intervenivano pretori sempre pronti ad imporre le riassunzioni del personale. I sindacati per parte loro avevano ottenuto la introduzione nei partiti del contratto del commercio, e data la sua improprietà, in aggiunta anche di un contratto integrativo aziendale. A ciò si aggiunga che, almeno per quanto riguarda il Psi, l’Amministrazione centrale venne chiamata a rispondere, subendo ripetute condanne, anche del personale liberamente assunto da organizzazioni periferiche e da loro retribuito.

La riduzione delle entrate d’altro canto si poneva in parallelo con una società del benessere che, facendosi strada con gli stili propri di un consumismo sempre più diffuso, con le sue più ampie libertà, e con gli spazi vitali occupati dal video e dallo spettacolo, riducevano il valore e la portata associativa dell’entità tradizionale e tipica del Partito.

Un tempo la vita associativa del Partito, per i suoi aderenti, se non era tutto rappresentava certo moltissimo. Il Partito non era solo uno strumento di lotta politica e di lotta elettorale ma rispondeva a bisogni associativi, sociali, culturali, umani.

Entrando in una nuova fase l’associazionismo partitico, seguendo la sorte che deriva da una più generale evoluzione, perde di peso, si riduce, si isterilisce. Dalla nuova società che avanza vengono offerte altre opportunità ed altre possibilità di incontri, di attività, di iniziativa personale e di gruppo.

La struttura Partito, soprattutto nelle grandi città, tende generalmente a trasformarsi. Succede così che il suo ruolo cambia, mentre la vita interna si rianima e rinasce solo e soprattutto in funzione delle fasi elettorali e pre- elettorali. Nell’area partitica prende contemporaneamente corpo un nuovo fenomeno negativo.

Paradossalmente infatti mentre da un lato si riduce e si isterilisce il ruolo associativo dei partiti, e quindi l’attività dei suoi membri, dall’altro tende ad aumentare il numero degli iscritti. E’ il segno inequivocabile di una degenerazione che penetra nella vita dei Partiti, o almeno in una parte importante del sistema partitico e in particolare di quello di governo.

(continua)

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