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venerdì 20 maggio 2016

Istat 2016: Oltre 2 milioni di famiglie senza reddito da lavoro, dopo gli studi solo contratti a tempo e part-time


 |  Di Redazione

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GIOVANI


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Sei milioni e mezzo di persone che vorrebbero lavorare ma non trovano un impiego. Oltre due milioni di famiglie che vivono senza un reddito da lavoro. Una inflazione "molto debole" che certifica una "ripresa dei consumi insufficienti".
Ma è soprattutto la fotografia della condizione giovanile in Italia a ricordare ancora una volta il dramma dei ragazzi e delle ragazze nati a partire dagli anni '80 che il dossier annuale dell'Istat sul 2015 risultano troppo istruiti per il mercato del lavoro e dunque costretti a svolgere mansioni molto al di sotto delle loro capacità, spesso con un part-time forzato: il 61,8% non ha comunque una occupazione.
Condizioni che si riflettono sulla formazione di una famiglia e sulla natalità: per il quarto anno consecutivo scende il tasso di fertilità delle italiane, mentre sempre più trentenni vivono ancora con i genitori. "La generazione del Millennio (Millennial) è quella che sta pagando più di ogni altra le conseguenze economiche e sociali della crisi", scrive l'Istat.
Famiglie senza lavoro. In Italia 2,2 milioni di famiglie vivono senza redditi da lavoro. Le famiglie "jobless" sono passate dal 9,4% del 2004 al 14,2% dell'anno scorso e nel Mezzogiorno raggiungono il 24,5%, quasi un nucleo su quattro. La quota scende all'8,2% al Nord e al 11,5% al Centro. L'incremento ha riguardato le famiglie giovani rispetto alle adulte: tra le prime l'incidenza è raddoppiata dal 6,7% al 13%, tra le seconde è passata dal 12,7% al 15,1%
Poca ripresa. Nel 2016 l'andamento dei prezzi "appare ancora molto debole" e quello del mercato del lavoro "è incerto". Lo afferma l'Istat nell'ultimo rapporto annuale, ritenendo "plausibile", per il primo semestre, il succedersi di periodi di debole crescita tendenziale dei prezzi e di episodi deflazionistici. La ripresa dei consumi risulta infatti insufficiente a bilanciare il calo dei prezzi energetici. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro nei primi tre mesi 2016 mostra una sostanziale stabilità degli occupati.
Il 61,8% dei giovani non lavora. Dopo gli anni della crisi, che aveva colpito in modo particolare la Generazione del millennio (nati fra il 1981 e il 1995), nell’ultimo anno la forte caduta dell’occupazione giovanile si attenua anche in Italia. Il tasso di occupazione dei giovani di 15-34 anni si attesta al 39,2% (50,3% nel 2008). Il calo, avviatosi sin dal 2002 – soprattutto nelle classi di età 20-24 e 25-29 –, è andato accentuandosi tra il 2008 e il 2014, quando si assiste a un’impennata anche del tasso di disoccupazione. Per le donne di 30-34 anni, almeno fino al 2008, i tassi di occupazione risultano invece in crescita.
La laurea non serve a molto. Oltre un ragazzo su tre tra i 15 e i 34 anni è "sovraistruito", troppo qualificato per il lavoro che svolge. La quota è 3 volte superiore a quella degli adulti (13%). Tra i giovani inoltre è più diffuso il part time, soprattutto involontario (77,5% dei part timer giovani, contro il 57,2% degli adulti), "ad indicare un'ampia disponibilità di lavoro in termini di orario che rimane insoddisfatta. Inoltre anche il lavoro temporaneo - sottolinea l'Istat - è diffuso soprattutto tra i giovani: ha un lavoro a termine un giovane su 4 contro il 4,2% di chi ha 55-64 anni". Capita quindi che le professioni più frequenti nell'approccio al mercato del lavoro siano quelle di commesso, cameriere, barista, addetti personali, cuoco, parrucchiere ed estetista. A tre anni dalla laurea solo il 53,2% dei laureati ha trovato un'occupazione ottimale, con un contratto standard, una durata medio-lunga e altamente qualificata.
I giovani rimangono a casa dei genitori, specialmente i maschi. Con il panorama desolante nel campo del lavoro, non sorprende che nel 2014 più di 6 giovani su 10 (62,5%) tra i 18 e i 34 anni abbiano vissuto ancora a casa con i genitori. Il dato ha riguardato nel 68% dei casi i ragazzi e nel 57% le ragazze. L'Istat legge questa condizione come un segnale dei "legami forti" famigliari tipici dei paesi mediterranei. La media europea dei ragazzi che continuano a vivere nella famiglia di origine è 48,1%.
Aumenta l'età delle nozze. La media del primo matrimonio delle donne è stata, nel 2014, di 30 anni e 7 mesi. Inoltre la famiglia tradizionale - composta cioè dalla coppia coniugata con due figli - non è più il modello dominante, visto che rappresenta meno di un terzo dei nuclei familiari (33%). Allo stesso modo le nuove forme di famiglie sono più che raddoppiate: quelle unipersonali di giovani e adulti non vedovi rappresentano ormai l'8% della popolazione, mentre le libere unioni sono più di 1 milione. In più della metà dei casi si tratta di convivenze - certifica l'istituto di statistica - tra partner celibi e nubili. Una novità è invece quella delle famiglie ricostituite, che ammonterebbero a più di 1 milione.
Crollo ulteriore delle nascite. Nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia per le nascite, nel 2015 sono state 488 mila, 15 mila in meno rispetto al 2014. Per il quinto anno consecutivo diminuisce la fecondità, solo 1,35 i figli per donna. I decessi hanno invece raggiunto le 653 mila unità, 54 mila in più dell’anno precedente (+9,1%).
I disoccupati sono il doppio della media Ue. Le persone che vorrebbero lavorare ma che non hanno un impiego sono in Italia 6,5 milioni. Lo rileva l'Istat riportando nell'ultimo rapporto annuale i dati riferiti al 2015. "Il tasso di mancata partecipazione (che comprende disoccupati e inattivi disponibili a lavorare) scende dal 22,9% del 2014 al 22,5% ma è ancora molto sopra il livello medio Ue (12,7%). Sommando i disoccupati e le forze di lavoro potenziali, le persone che vorrebbero lavorare sono 6,5 milioni nel 2015", si legge.
"Crescita persistente ma di bassa intensità". Dopo una recessione "lunga e profonda, senza più termini di paragone nella storia in cui l'Istat è stato testimone in questi 90 anni", l'Italia sperimenta "un primo, importante, momento di crescita persistente anche se a bassa intensità". Così il presidente dell'Istat Giorgio Alleva alla presentazione del rapporto annuale dell'istituto. "Rispetto ai precedenti episodi di espansione ciclica - ha aggiunto - la ripresa produttiva appare caratterizzata da una maggiore fragilità".

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