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lunedì 28 settembre 2015

BAGARRE TRA CATTOLICI!

VIAGGIO A CUBA E NEGLI USA

Antonio Socci feroce contro il Papa: "Ora basta, stai umiliando la Chiesa"

Antonio Socci feroce contro il Papa:
Pur prossimo agli ottant’anni, papa Bergoglio è instancabile, un vero ciclone. Ma il suo travolgente viaggio americano ha fatto sorgere in alcuni cattolici una domanda: quali obiettivi persegue? Per chi lavora?  È improbabile che lavori per il Dio dei cattolici, dal momento che lui stesso ha dichiarato a Scalfari: "Non esiste un Dio cattolico". Rimanda a un’idea generica di Dio che può trovar posto solo in una vaga religione universale postcristiana.
Il fatto che venga acclamato ed esaltato da tutto l’establishment politico e mediatico che ha sempre avversato la Chiesa Cattolica inquieta molti credenti. Del resto chi finora ha cercato nei suoi discorsi americani il nome di Gesù Cristo l’ha trovato raramente e spesso in citazioni formali e marginali. Un ecclesiastico ironico sostiene che Bergoglio non lavora «a maggior gloria di Dio», ma «a maggior gloria di io». In effetti per ora il risultato del viaggio a Cuba e negli Stati Uniti è la sua personale glorificazione mondana nei salotti radical-chic.
Mentre la Chiesa ne esce malridotta, umiliata e delegittimata. Sia la Chiesa dei perseguitati (a Cuba o nelle terre sottoposte all’islamismo), sia la battagliera Chiesa degli Stati Uniti. A Cuba Bergoglio ha preso in giro i dissidenti, ha ignorato il dramma dei diritti umani e ha ridicolizzato e screditato come settari i cattolici che resistono al regime. Addirittura omaggiando e legittimando i tiranni sanguinari.
Poi è arrivata l’apoteosi obamiana. Lì ha bastonato i vescovi che - sulla linea di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - hanno fatto rinascere la Chiesa americana dopo il naufragio progressista. Bergoglio è arrivato a dire loro che non si deve fare «della Croce un vessillo», quando tutta la tradizione cattolica proclama l’esatto contrario («Vexilla regis prodeunt/ fulget Crucis mysterium»).
Scrive Riccardo Cascioli sulla «Bussola quotidiana», un sito cattolico: «Da tempo c’è un duro scontro tra Casa Bianca e Chiesa cattolica americana sul tema della libertà religiosa, a causa del tentativo di Obama di imporre aborto e contraccezione senza rispettare l’obiezione di coscienza (vedi la riforma sanitaria). È uno scontro già arrivato nelle aule di tribunale ed è attualissimo».
In sostanza Bergoglio ha intimato ai vescovi e ai cattolici americani di non rompere più le scatole a Obama e ai Democratici (che erano in rotta con la Chiesa pure per i matrimoni gay).
Ha motivato così la resa: il compito del pastore non è la «predicazione di complesse dottrine, ma l’annuncio gioioso di Cristo, morto e risorto per noi».  Un argomento che fa sorridere se usato da chi, come Bergoglio, ha sostituito l’annuncio di Cristo con la continua invettiva sulla spazzatura differenziata e sul riscaldamento globale: nel discorso pronunciato all’arrivo negli Usa, dove ha ringraziato il laicista Obama per la sua «iniziativa per la riduzione dell’inquinamento dell’aria», il papa ha dedicato ben 12 righe del suo discorso, su 34 complessive, ai temi ecologici. Mentre Gesù Cristo non è stato nemmeno nominato.
Oltretutto la tesi del riscaldamento per cause umane è stata smontata da tanti scienziati di valore: come può Bergoglio trasformarla in dogma di fede? All’inizio del suo pontificato egli definì «una pastorale ossessionata» quella dei suoi predecessori sulla difesa della vita (si ricordi che l’aborto, nel mondo, fa 50 milioni di vittime ogni anno, quanto tutta la II guerra mondiale che durò cinque anni).  Bergoglio ha messo in ombra la pastorale su questa tragedia che il magistero della Chiesa ha sempre ritenuto un suo dovere assoluto davanti a Dio.
Egli ha portato la Chiesa in un pantano ideologico eco-catastrofista (e noglobal) che è molto vicino a una sorta di religione della madre terra, di sapore new age, quella «religione universale della gnosi», contrapposta alla tradizione giudaico-cristiana, di cui ha scritto Ettore Gotti Tedeschi.
Che Bergoglio abbia abbandonato i «principi non negoziabili» lo ha capito bene il Senato americano che si è spellato le mani per applaudirlo e l’indomani ha «affossato un disegno di legge che tendeva a impedire gli aborti dopo le 20 settimane di vita, una legge che secondo LifeNews avrebbe contribuito a salvare diciottomila bambini ogni anno» (Marco Tosatti).  Anche nel discorso all’Onu, Bergoglio ha pontificato soprattutto sull’ecologia e si è tenuto alla larga dai temi cari alla Chiesa: «non ha neanche pronunciato la parola gender, né fatto alcun riferimento al fatto che proprio all’Onu e alla Casa Bianca dominano le forze che stanno imponendo una rivoluzione antropologica a tutto il mondo» (Cascioli).
Bergoglio ha un’idea banale, marxisteggiante, del primato dell’economia. Ritiene che siano sempre gli interessi economici la causa di guerre e genocidi (oltreché dell’inquinamento). Dimentica che invece le più grandi guerre e i peggiori genocidi sono stati perpetrati per motivi ideologici (tuttora l’islamismo insanguina il mondo per la sua religione). Così parlando all’Onu Bergoglio ha lanciato i soliti anatemi contro l’egoismo e mai contro le ideologie di morte. Inoltre non ha mai denunciato la perdurante indifferenza e la colpevole inazione dell’Onu su tutte le stragi in corso di cristiani (e non solo).
Del resto proprio in questi giorni il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha nominato Faisal bin Hassan Trad, l’ambasciatore saudita all’Onu, presidente del comitato di diplomatici incaricato a scegliere coloro che dovrebbero controllare il rispetto dei diritti umani.
Le organizzazioni umanitarie, scandalizzate, hanno protestato perché proprio l’Arabia Saudita è uno dei regimi peggiori, un regime dove vieni arrestato se porti un segno cristiano al collo, un regime dove nei giorni scorsi è stato condannato alla crocifissione un ragazzo sciita di 17 anni, Ali Mohammed Al-Nimr, per aver partecipato a una manifestazione di protesta. Questa è l’Onu che Bergoglio ha omaggiato.
Dal suo viaggio escono malconci la Chiesa, i cristiani perseguitati e i diritti umani, ma il personaggio Bergoglio è diventato una star hollywoodiana, all’apice della «mondanità spirituale». Con alcuni episodi grotteschi. Per esempio la plateale ostentazione di umiltà e indigenza fatta da Bergoglio recandosi alla Casa Bianca con una Fiat 500 che - secondo un estasiato commentatore del Corriere della sera - «ha sedotto gli americani».
Sicuramente estasiato era Marchionne (amicone di Obama) per la colossale pubblicità gratuita che Bergoglio gli ha fatto.
Un altro episodio grottesco è il regalo fatto al papa da Raul Castro, l’opera dell’artista Alexis Leyva Machado: un grande crocifisso realizzato con i remi delle imbarcazioni dei migranti del Mediterraneo.
A parte il fatto che sulle nostre coste gli emigranti non arrivano con barche a remi. Ma la paraculata di Castro è clamorosa in quanto ammicca a Bergoglio per le sue invettive «di sinistra» sull’immigrazione, mentre il tiranno cubano finge di dimenticare (e con lui il suo ospite) che «la stessa Cuba» come scrive Andrea Zambrano «ha prodotto un numero esorbitante di esuli, dalla rivoluzione ad oggi, sbarcati a Miami proprio dal mare. Esuli che, come dimostra l’allontanamento della dissidente Berta Soler dalla Nunziatura dove il Papa soggiornava in questi giorni a La Avana, sono ancora senza giustizia».
Non solo. Tutti dimenticano che la tirannia dei fratelli Castro - come tutti i regimi comunisti - non voleva che la gente scappasse dal loro lager, sputtanando il loro crudele regime. Per questo, come scrive il «Libro nero del comunismo», i dittatori cubani inviavano «degli elicotteri a bombardare con sacchi di sabbia le zattere: sempre nell’estate del 1994 circa 7000 persone morirono in mare e si calcola che, in totale, un terzo dei balseros abbia perso la vita durante la fuga. In trent’anni sarebbero stati quasi 100.000 i cubani che hanno tentato la via del mare». E Bergoglio ha omaggiato i fratelli Castro.
di Antonio Socci

su "liberoquotidiano.it" 

QUALCUNO ERA COMUNISTA


QUALCUNO ERA COMUNISTA – BRUNETTA RIFILA UNA LEZIONE DI STORIA A RE GIORGIO, CHE SULLA “STAMPA” RICORDA INGRAO DIMENTICANDO COMPLETAMENTE LO STALINISMO, I FATTI D’UNGHERIA E 120 MILIONI DI MORTI

“Napolitano, quando accenna a periodi critici, non parla mai di stalinismo, di benedizione degli assassini, anzi dell’incoraggiamento a perpetrarli, ma dei travagli del dopo Togliatti. Ah sì? E non avete discusso, magari litigato un attimino, sulla sorte di Imre Nagy, impiccato con il voto favorevole di Togliatti?”…

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Lettera di Renato Brunetta a Dagospia

Caro Dago,
pietro ingrao oggiPIETRO INGRAO OGGI

esprimiamo le nostre condoglianze alla famiglia e ai suoi vecchi compagni per la scomparsa di Pietro Ingrao, una delle personalità più significative della politica italiana del Novecento. Gli elogi, come accade in queste circostanze, sono doverosamente una cascata fiorita. Eppure, sempre distinguendo il giudizio sulla coscienza della persona e i suoi atti, c'è un esercizio di smemoratezza gravissimo.

Noi non abbiamo il diritto di dimenticare. Non abbiamo il diritto di occultare nella fossa comune dell'oblio i volti e i nomi-senza-nome delle vittime che il comunista Ingrao contribuì a liquidare. Lo fece asservendosi allo stalinismo da direttore dell'Unità e poi invocando, con il suo editorialista di punta, Giorgio Napolitano, lo schiacciamento coi carri armati della ribellione democratica di Budapest in nome della pace (sic!).
pietro ingrao oggiPIETRO INGRAO OGGI

Oggi è uscita sulla Stampa una brillante intervista dedicata a Ingrao del Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Quando accenna a periodi critici, non parla di stalinismo, di benedizione degli assassini, anzi dell'incoraggiamento a perpetrarli, ma dei travagli del dopo Togliatti. “La più aspra polemica fu per l'XI Congresso nel 1966, due anni dopo la morte di Togliatti”.

renato brunettaRENATO BRUNETTA
Ah sì? E non avete discusso, magari litigato un attimino sulla sorte di Imre Nagy, impiccato con il voto favorevole di Togliatti? La critica più dura di Napolitano all'Ingrao di quei tempi? “Una certa tendenza schematica nell'analisi”.

Ricorrono i nomi che li hanno accomunati. No, Stalin non c'è, e neppure Zdanov o Berija, o Ponomariov, figuriamoci. Ma gli incolpevoli Montale, Ungaretti e Quasimodo. Ma certo, la tragedia immane del comunismo, il suo carico immenso di morti, che dall'Italia ha avuto l'accompagnamento con il flauto di Ingrao e Napolitano, è sistemato nella pozza delle cose da dimenticare, mentre che bello parlare di poeti, peraltro nessuno comunista, ovvio, tanto vale ripulirsi nei versi di Montale.

Ci rendiamo conto di essere sgradevoli. Ma non abbiamo il diritto di dimenticare. Non è giusto proprio per Ingrao, che pure alla fine della sua vita si è misurato con errori ed orrori, accostandosi alla religione.

Imre NagyIMRE NAGY
Napolitano si accomuna a Ingrao, attribuisce a lui e a se stesso “un forte retroterra culturale e ideale”, lo taccia di “uomo di assoluta limpidezza morale, non ha mai combattuto battaglie per interessi o ambizioni personali”. Certo, solo per il comunismo.

Non per sé, ma per il comunismo. È stata una limpidezza morale dedicata a quella mostruosa macchina ideologica che ha ammazzato 120 milioni di persone. Il comunismo è stato questo, ed è scandaloso che, nelle pagine dei quotidiani di oggi e nei ricordi televisivi encomiastici di uno dei suoi protagonisti italiani, questo spaventoso macello e i suoi capi siano trattati all'ombra di albicocchi in fiore, o di delicati crisantemi.
GIORGIO NAPOLITANO AL MEETING DI RIMINIGIORGIO NAPOLITANO AL MEETING DI RIMINI

Condoglianze per il defunto di cui non osiamo giudicare la coscienza, ma occasione per milioni di condoglianze che nessuno oggi ha fatto alle vittime del sogno di Ingrao e Napolitano.
TogliattiTOGLIATTI

Renato Brunetta

venerdì 25 settembre 2015

Ecco svelata (per l'ennesima volta) la vera natura democratica(?) dei post comunisti, ma ancora stalinisti!

CE N'È ANCHE PER CECCO A CENA

Con la faccia come il...

venerdì, 25 settembre 2015, 13:43
di aldo grandi
Lucca, centro storico, all'interno di un ristorante ci sono, seduti intorno ad alcuni tavoli uniti l'uno con l'altro, 13 commensali tra i quali, da Massa e Carrara, i collaboratori Riccardo Cavirani e Vinicia Tesconi. Quest'ultima, nel pomeriggio, aveva chiamato per parlarci di una sua amica che avrebbe voluto collaborare e noi, che non abbiamo prevenzioni né pregiudizi, le abbiamo risposto che non ci sono problemi, anzi, che venisse pure lei, la sera, a cena a Lucca così da conoscerci. E così è stato. E' venuta, ci ha sorriso, ci ha raccontato di sé e noi abbiamo confidato il nostro modo di intendere il giornalismo: non ci interessa se uno è di destra o di sinistra, solo che, quando scrive, lo faccia senza paraocchi e timori reverenziali verso partito o ideologie o presunte verità. Lei ha accettato di buon grado ringraziandoci e annunciando di aver, addirittura, già inviato un pezzo. L'abbiamo invitata a fare il suo senza limiti né vincoli perché noi, a differenza dei comunisti di accatto che bazzicano, da sempre, questa provincia e quelle limitrofe, di coloro che vedrebbero volentieri una nuova guerra civile, che credono ancora di essere fermi al 1944 e che sfruttano il passato per governare il presente, non interessano le verità acquisite, ma amiamo l'indipendenza di giudizio al posto della sua dipendenza.
Ieri, improvvisamente, una telefonata della nostra Vinicia ci ha reso edotti della novità: la sua amica, appena arrivata a casa l'altra sera o, forse, la mattina successiva, è stata fortemente dissuasa e convinta a non collaborare al nostro giornale perché, presumibilmente e così ci è parso di capire anche dalle sue ragioni - non le pubblichiamo per non renderla identificabile - noi saremmo un giornale politicamente schierato a destra e con i fascisti. Noi schierati con i fascisti? Roba da pazzi, forse perché il sottoscritto ha pubblicato un libro su Giorgio Almirante, la prima e unica biografia dove vengono rivelati i suoi trascorsi razzisti contro gli ebrei? Eppure l'autore ha scritto libri sulle Brigate Rosse, su Potere OPeraio, addirittura una volta, sull'inserto del Corriere della Sera, l'articolista si sbagliò e definì il sottoscritto un giovane ex brigatista senza pensare che, essendo nato nel 1961, era, praticamente e concretamente, impossibile. 
E' questa la libertà della Sinistra? Sono questi i liberi pensatori di Massa e Carrara, figli prediletti di una generazione che ha ridotto queste due città a un fanalino di coda di tutta la regione, senza speranza di crescita e da gettare nel cesso per come sono state amministrate e per le chances di lavoro che hanno offerto, nel tempo, alle nuove generazioni? Ci hanno definito, sin da subito, fascisti e, probabilmente, questi soloni della democrazia tinta di rosso ci vedrebbero meglio sotto un metro di terra e sarebbero disposti più ad appoggiare l'Isis di salvare i loro connazionali. Purtroppo a Massa e a Carrara vige ancora lo spirito delle splendide giornate della Liberazione, dove a una giusta felicità per la fine di una guerra sciagurata e la cacciata dell'invasore nazista aiutato dai fascisti saloini, si aggiunsero la vergognosa volontà omicida e la malvagità umana di uccidere senza processo e senza pietà centinaia di italiani solo perché erano stati fascisti. 
Ecco, a Massa e a Carrara ci manca solo che accada quel che succede, regolarmente, in quell'altra città vergognosa e allucinante che si chiama Livorno e dove, chi scrive, è nato. Fischiare, cioè, l'inno nazionale. A Massa e Carrara ci sarebbe gente disposta a pagare pur di poter tormare sulle montagne invece di provare a costruire qualcosa di buono qui, in pianura. 
Detto questo, la persona in questione, l'amica della nostra collaboratrice, non ha avuto nemmeno il coraggio intellettuale di telefonarci per dirci che non poteva o che non se la sentiva - strano, a noi sembrava così entusiasta seduta al tavolo - di collaborare. Noi, però, le abbiamo dato una lezione di vita insegnandole che si può accogliere al desco, a una cena tra amici e collaboratori che si conoscono da anni, anche l'ultima venuta, anche l'ultimo degli ultimi, senza chiedergli o, in questo caso, chiederle quali furono i suoi antenati o a quale parrocchia appartenga. E poi ci venite a parlare di solidarietà di sinistra... Accogliete milioni di musulmani pronti, un giorno, a prendervi e a prenderci a calci nel culo, a considerare le donne meno di un oggetto, ma non avete la capacità di andare d'accordo con i vostri fratelli di sangue italiani? Dire che fate schifo è un eufemismo...

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www.lagazzettadimassaecarrara.it

mercoledì 23 settembre 2015

Quanti miliardi incassano i sindacati: i bilanci segreti di Cgil, Cisl e Uil.I conti delle grandi associazioni dei lavoratori sono uno dei segreti meglio custoditi d’Italia. 
“L’Espresso” però ha fatto un po’ di analisi, sommando i proventi delle iscrizioni ai finanziamenti pubblici. Risultato? Un montagna di denaro.

PRIVILEGI


DI STEFANO LIVADIOTTI                                                                         23 Settembre 2015


Per Susanna Camusso è quasi un’ossessione. Da quando si è insediata al vertice della Cgil (il 3 novembre 2010) si è arrampicata 67 volte su palchi di ogni ordine e grado per invocaretrasparenza. La leader del più grande sindacato italiano se ne è poi però puntualmente dimenticata man mano si avvicinava la fine dell’anno e il momento per la Cgil di fare due conti sui contributi degli iscritti rastrellati nei dodici mesi.
Sì, perché il sindacato di corso d’Italia, che non è tenuto a farlo per legge, si guarda bene dal pubblicare un bilancio consolidato: come del resto i cugini di Cisl e Uil, si limita a mettere insieme in poche paginette i numeri che riguardano la sola attività del quartier generale romano. Spiccioli, rispetto al vero giro di soldi delle confederazioni, che negli anni si sono trasformate in apparati capaci di lucrare pure su cassintegrati e lavoratori socialmente utili (nell’ultimo anno l’Inps ha versato a Cgil, Cisl e Uil 59,4 milioni di trattenute su ammortizzatori sociali)

«I sindacati hanno un sacco di soldi», si è lamentato nei giorni scorsi il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che non li ama davvero. Diversi recenti episodi di cronaca confermano che di denari nei corridoi delle sedi sindacali ne girano parecchi. E che il loro uso è molto spesso un po’ troppo disinvolto.

Ai primi di novembre 2014 ha mollato di colpo il suo incarico il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: nel palazzo circolava un dossier dove si documentava l’impennata del suo stipendio dai 79 mila euro precedenti la nomina ai 336 mila del 2011. E quest’estate una mail di un dirigente della Cisl ha alzato il velo sulla retribuzione d’oro di alcuni suoi colleghi capaci di mettere il cappello su più incarichi: il presidente del patronato Inas-Cisl, Antonino Sorgi, per esempio, nel 2014 ha portato a casa 77.969 euro di pensione, più 100.123 per l’Inas e altri 77.957 per l’Inas immobiliare.

I soldi dunque li hanno. Ma sapere quanti è quasi impossibile. I veri bilanci dei sindacati sono uno dei segreti meglio custoditi del Paese. Loro si rifiutano di fornire dati esaustivi. E chi conosce le cifre preferisce non esporsi. Così, almeno su alcuni capitoli, bisogna andare per approssimazione. Vediamo.

IL TESORETTO DEI TESSERATI
Lo zoccolo duro delle finanze sindacali è la tessera, che ogni iscritto paga con una piccola quota dello stipendio di base (o della pensione). Nei bilanci delle tre confederazioni sono indicati complessivamente 68 milioni 622 mila 445 euro e 89 centesimi. Ma è una presa in giro bella e buona. Si tratta infatti solo delle quote trattenute dalle holding. Per avvicinarsi alla cifra vera bisogna seguire un altro percorso. Cgil, Cisl e Uil dichiarano di rappresentare tutte insieme 11 milioni 784 mila e 662 teste (che scendono in picchiata quando è il momento di versare i contributi alla Confédération Européenne des Syndicats, dove si paga un tanto per iscritto). I sindacati chiedono per l’iscrizione lo 0,80 per cento della retribuzione annua ai lavoratori attivi e la metà ai pensionati.

Conoscendo la ripartizione degli iscritti tra le due categorie, gli stipendi medi dei dipendenti italiani (25.858 euro lordi, secondo l’Istat) e le pensioni medie (16.314 euro lordi, per l’Istat), è dunque possibile fare il conto. La Cgil dovrebbe incassare 741 milioni di euro e rotti (loro ammettono poco più della metà: 425 milioni). Alla Cisl si arriverebbe a 608 milioni (in via Po parlano di 80 milioni circa). E la Uil intascherebbe 315 milioni (in via Lucullo ridimensionano a un centinaio di milioni).

Solo le tessere garantirebbero dunque quasi 1,7 miliardi. Ora: è possibile che i calcoli de “l’Espresso” siano approssimati per eccesso, se si considerano il mix degli iscritti (full-time, part-time, stagionali); la durata del versamento, non sempre ininterrotto; l’incidenza di eventuali periodi di cassa integrazione. Ma una cosa è certa: il tesoretto delle tessere non vale solo i circa 600 milioni e spicci che dicono Cgil, Cisl e Uil. Secondo quanto “l’Espresso” è in grado di rivelare, infatti, nell’ultimo anno solo l’Inps ha trattenuto dalle pensioni erogate, e girato a Cgil, Cisl e Uil, 260 milioni per il pagamento della tessera sindacale. Una cifra alla quale va sommata la quota-parte di competenza delle confederazioni sui 266 milioni che l’Inps incassa da artigiani e commercianti e poi trasferisce alle organizzazioni dei lavoratori per la tassa di iscrizione. Già con queste voci si arriva vicino alla somma totale ammessa da Cgil, Cisl e Uil. I conti dunque non tornano.

Tito Boeri
Tito Boeri


Fin qua abbiamo comunque parlato di soldi di privati e quindi di affari dei sindacati e di chi decide di finanziarli (anche se Cgil, Cisl e Uil non sempre giocano pulito: una serie di meccanismi impone a chi straccia la tessera di continuare a versare a lungo il suo obolo). Poi c’è, però, tutto il capitolo dei quattrini pubblici, dove la trasparenza non dovrebbe essere un optional. In prima fila si trovano i Caf, i centri di assistenza fiscale che aiutano i cittadini per la dichiarazione dei redditi (e intanto fanno proselitismo): in teoria sono cosa a parte rispetto ai sindacati, ma il legame è strettissimo.

La legge di Stabilità 2011 ha tagliato i loro compensi. Così piangono miseria, tanto più oggi con l’arrivo della dichiarazione precompilata, che toglierà loro clienti. Ma che presidino un business ricchissimo lo dimostra un fatto: per scardinare il loro monopolio è dovuta intervenire, il 30 marzo del 2006, la Corte di Giustizia Europea, che ha imposto al governo italiano di consentire la presentazione dei modelli 730 anche a commercialisti, esperti contabili e consulenti del lavoro.

All’Agenzia delle Entrate dicono che su 19 milioni, 41 mila e 546 dichiarazioni 2014 quelle passate dai Caf sono più di 17,6 milioni (il 92,6 per cento). Siccome i centri di assistenza incassano dallo Stato 14 euro per ogni dichiarazione (e 26 per i 730 presentati in forma congiunta dai coniugi) e il 45 per cento del settore è appannaggio dei sindacati è facile calcolare il loro giro d’affari: se anche le dichiarazioni che compilano e presentano fossero tutte singole (e così non è) si arriverebbe a più di 111 milioni. In questo caso, i dati ufficiali del ministero dell’Economia non si discostano troppo dalle stime: dicono che nel 2014 il Caf della Cgil ha incassato 42,3 milioni di euro (oltre ai contributi volontari della clientela), quello della Cisl 38,6 milioni e quello della Uil 15,5 milioni. Ai quali vanno sommati i 20,5 milioni che l’Inps ha versato nell’ultimo anno ai Caf confederali per i modelli 730 dei pensionati. E gli ulteriori 33,9 milioni sborsati sempre dall’istituto presieduto dal professor Tito Boeri a favore dei Caf confederali per la gestione di servizi in convenzione (dalle pratiche relative agli assegni di invalidità civile a quelle dell’Isee, l’indicatore per l’accesso alle diverse prestazioni assistenziali).

 Giuliano Amato.  Governo...
Giuliano Amato. Governo istituzionale. L'eterna riserva della Repubblica è una delle carte coperte del Quirinale. Contro-indicazione: troppo legato alla sinistra, anche se dalle parti del Pd l'ex premier non si fa vedere ormai da anni. Preferisce di gran lunga coltivare il ruolo di presidente del comitato per i 150 anni dell'unità d'Italia. Incarico bipartisan e tricolore.


SOLO DALL’INPS 423 MILIONI
Poi ci sono i patronati, che forniscono gratuitamente servizi di assistenza a lavoratori e pensionati per prestazioni di sicurezza sociale e vengono poi rimborsati dagli istituti di previdenza. Secondo la “Nota sul finanziamento diretto e indiretto del sindacato”, messa a punto da Giuliano Amato su incarico dell’allora premier Mario Monti, solo nel 2012 l’Inps ha versato loro 423,2 milioni di euro (quattrini esentasse, per giunta, in base a una logica imperscrutabile).


Secondo quanto risulta a “l’Espresso”, a fare la parte del leone sono stati Inca-Cgil (85,3 milioni di euro), Inas-Cisl (65,5 milioni) e Ital-Uil (31,2 milioni). «Sembra evidente che il funzionamento dei patronati non comporti un finanziamento pubblico, sia pur indiretto, delle associazioni o organizzazioni promotrici (i sindacati, ndr)», ha scritto Amato nella sua relazione. Poi però lo stesso Dottor Sottile si è sentito in dovere di aggiungere una postilla: «C’è per la verità un’unica disposizione (non legislativa, ma statutaria) che può essere letta in questa chiave e cioè quella secondo cui, nel caso di scioglimento dell’ente (il patronato, ndr), è prevista la devoluzione dell’intero patrimonio di quest’ultimo in favore dell’organizzazione promotrice. Al di la di ciò...». Ma come sarebbe a dire “al di la di ciò”?



martedì 22 settembre 2015

GESÙ, SE CI SEI, BATTI UN COLPO!


GESÙ, SE CI SEI, BATTI UN COLPO! - IL DIBATTITO SULL’ESISTENZA STORICA DI CRISTO È ANCORA IN ALTO MARE - MOLTI STUDIOSI PROPENDONO PER IL SÌ MA IL FATTO CHE NON VENGA NOMINATO IN NESSUN DOCUMENTO DEL PRIMO SECOLO E ALCUNI "SVARIONI" DI PAOLO DI TARSO TENGONO LA QUESTIONE APERTA

Il vangelo è mito o realtà? Questa domanda ha alimentato il dibattito tra teologi e storici per oltre 200 anni. C’è chi pensa che le storie del nuovo testamento siano fatti, ispirati agli insegnamenti del rabbino ebreo Yeshua ben Yosef, mentre altri…

Valerie Tarico per http://www.salon.com/

gesuGESU
Il vangelo è mito o realtà? Questa domanda ha alimentato il dibattito tra teologi e storici per oltre 200 anni. C’è chi pensa che le storie del nuovo testamento siano fatti, ispirati agli insegnamenti del rabbino ebreo Yeshua ben Yosef, mentre altri studiosi credono che il vangelo sia una sorta di mito “storicizzato”, riempito cioè di nomi e luoghi per farlo sembrare reale.

L’idea che Gesù non sia mai esistito è largamente minoritaria tra gli studiosi, ma alcuni fenomeni mediatici come il documentario “Zeitgeist” di Peter Joseph hanno contribuito alla divulgazione della teoria delle origini mitologiche della cristianità.

cristo si fece uovoCRISTO SI FECE UOVO
Molte persone non sono nemmeno a conoscenza del dibattito in corso tra gli studiosi, e forse lo ritengono anche assurdo, ma ci sono almeno due punti chiave che tengono aperta la questione.

Primo, come sostiene lo studioso Bart Ehrman, non esiste nessun tipo di documento risalente al primo secolo che testimoni la reale esistenza di un personaggio chiamato Yeshua ben Yosef: nessun certificato di nascita, nessuna menzione nei testi storiografici o filosofici, il nome di Gesù non compare da nessuna parte.

il cristo redentore si disperaIL CRISTO REDENTORE SI DISPERA
Secondo, alcuni autori del Nuovo Testamento sembravano non conoscere i dettagli della vita di Cristo. Paolo di Tarso, per esempio, sembra ignorare che Gesù fosse nato dalla Vergine, che fosse apparsa una stella cometa e perfino che Gesù avesse degli apostoli.

Nei suoi scritti non c’è traccia dei miracoli, degli insegnamenti di Gesù e in alcuni punti arriva perfino a contraddire quanto di trova nel Vangelo. Gli studiosi hanno discusso a lungo del “silenzio di Paolo” e sul fatto che accusasse  perfino Pietro e Giacomo di non essere veri cristiani.
GESUGESU

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lunedì 14 settembre 2015

CHIEDIAMO CHE L'ITALIA ADERISCA AGLI USA

Considero svanito il mio sogno di gioventù: gli Stati Uniti d’Europa. La crisi economica ha evidenziato lo strapotere della finanza e la crisi demografica e sociale che stiamo vivendo ha messo in risalto gli egoismi nazionali, vedi Ungheria, Sloacchia e Danimarca e regionali.
Non era questa l’Europa che sognavo quando avevo 19 anni, ormai 50 anni fa, e militavo nel Movimento Federalista Europeo di Massa.
A questo punto ho deciso di verificare quanti in Italia la pensano come me e desiderano chiedere l’adesione del nostro Paese agli Stati Uniti d’America. Ricordo solo che negli USA si è realizzata l’unica Rivoluzione Liberale i cui frutti si vedono tuttora. Qui in Europa stiamo ancora subendo le conseguenze negative della Rivoluzione Francese e della Rivoluzione Sovietica.
Se saremo un numero consistente potremo elaborare una Petizione per l’Adesione dell’Italia agli USA e lanciarla per raccogliere le firme necessarie.

Carrara, lunedì 14 Settembre 2015
Giovedì 24 Settembre 2015
P.S.: Alla luce del VWGate credo sia chiaro a tutti che il Liberismo e Capitalismo degli USA e una garanzia per tutti.
Le imprese che vendono prodotti taroccati vengono stangate senza pietà e i Consumatori sono veramente tutelati.




sabato 12 settembre 2015

E-mail 10 cose che le persone dotate d'intelligenza emotiva NON fanno

Pubblicato: Aggiornato: 
INTELLIGENZA EMOTIVA


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L'intelligenza emotiva è forse la caratteristica più importante, ma sottovalutata, della nostra società.
Ci affidiamo alla logica e alla ragione per affrontare la vita di ogni giorno, eppure dopo lunghe pause di riflessione, arriviamo alle stesse conclusioni a cui potremmo giungere in un batter d'occhio senza pensarci troppo. I nostri leader trascurano l'elemento umano di molte questioni socio-poliche e non c'è neanche bisogno che vi indichi la percentuale di divorzi per convincervi che molti di noi non scelgono il partner giusto (e non sono capaci di tenere in piedi le loro relazioni a lungo).
Sembra che la gente sia convinta che la cosa più intelligente da fare sia non provare alcuna emozione. Per essere efficienti bisogna essere come macchine, un prodotto dei nostri tempi. Una specie di robot ben oliato, consumista, programmato digitalmente, "non-cosciente" ma totalmente funzionante. E per questo... soffriamo.
Ecco quali abitudini adottano le persone capaci di essere consapevoli dei loro sentimenti. Che sanno come esprimere, gestire, scandagliare e modificare le proprie esperienze, perché sono loro il "centro di controllo"della propria esistenza. Sono i veri leader, conducono una vita completa e autentica . Dovremmo prendere spunto dal loro esempio. Ecco le cose che le persone dotate di intelligenza emotiva NON fanno.
1. Non credono che il loro modo di percepire una situazione rispecchi la realtà.
Vedono le loro emozioni come delle "risposte" ad una data situazione, non come parametri esatti per valutare quello che sta accadendo loro. Accettanno il fatto che la loro reazione potrebbe avere a che fare più con i loro problemi personali, che con la situazione oggettiva in corso.
2. I loro punti di riferimento emotivi sono dentro di loro.
Non vivono le emozioni come se fosse un altro a provarle, come se il problema da risolvere fosse di qualcun altro. Capire che l'origine delle cose che sentono è in loro stessi, li tiene alla larga dal pericolo della passività. Non cadono nell'errore di pensare che "dove l'universo ha sbagliato, l'universo rimedierà".
3. Non presumono di sapere cosa li renderà davvero felici.
Dal momento che collochiamo tutti i nostri punti di riferimento nel passato, non abbiamo alcun mezzo per stabilire, adesso, cosa potrebbe renderci davvero feliciinvece di sentirci solo dei "sopravvisuti" alle esperienze più dolorose. Le persone dotate di intelligenza emotiva lo capiscono e si aprono ad ogni esperienza verso cui la vita le conduce, sapendo che ogni cosa cela un lato positivo ed uno negativo.
4. Non pensano che avere paura sia un errore.
Piuttosto, essere indifferenti significa avere intrapreso la strada sbagliata. La paura indica che stiamo cercando di raggiungere qualcosa che amiamo, ma che le nostre convinzioni e le ferite del passato ce lo impediscono (o forse sono lì proprio per essere curate, una volta per tutte).
5. Sanno che la felicità è una decisione, ma non sentono il bisogno di prenderla ogni volta. 
Non si illudono che la "felicità" sia uno stato di grazia perenne. Si concendono il tempo per esaminare tutto quello che succede loro. Si concedono il lusso di vivere in una condizione di "normalità". In questo stato di "non resistenza", riescono a trovare appagamento.
6. Non lasciano che qualcun altro decida delle loro idee.
Capiscono che, subendo il condizionamento sociale, possono essere influenzate da mentalità, pensieri e idee che non appartengono a loro. Per opporsi a questo, scandagliano le loro convinzioni, riflettono sulla loro origine e stabiliscono se quel quadro di riferimento può fare al caso loro o meno.
7. Riconoscono che un autocontrollo infallibile non è un segnale d'intelligenza emotiva.
Non trattengono i sentimenti, non cercano di mitigarli al punto di farli sparire. Tuttavia, hanno la capacità di trattenere la loro risposta emotiva finché non si trovano in un ambiente più "appropriato", dove poter esprimere ciò che sentono. Non sopprimono l'emotività, la gestiscono.
8. Sanno che un sentimento non li ucciderà.
Hanno raggiunto la forza e la consapevolezza necessarie per sapere che tutte le cose, anche le peggiori, sono passeggere.
9. Non regalano la loro amicizia a chiunque.
Vedono la fiducia e l'intimità come qualcosa da costruire, qualcosa da non condividere con tutti. Non sono circospette o chiuse, ma preferiscono agire con consapevolezza e attenzione quando si tratta di fare entrare qualcuno nella loro vita e nel loro cuore. Sono gentili con tutti, ma si concendono a pochi.
10. Non credono che un singolo sentimento negativo possa dominare il resto della loro vita. 
Evitano di arrivare a facili conclusioni, di proiettare un momento presente nel prossimo futuro, credendo che un periodo di negatività possa caratterizzare il resto della loro vita, invece di essere un'esperienza transitoria e isolata. Le persone emotivamente intelligenti accettano i "giorni no". Si permettono di essere umani. In questo modo, trovano la pace.
traduzione dall'inglese di Milena Sanfilippo