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giovedì 23 ottobre 2014

Giù le parrucche, l'Accademia della Crusca oggi è digital e social


"iltirreno.gelocal.it"

Su Facebook c’è spazio anche per il folklore e gli archivi del sito traboccano di materiale


FIRENZE. Non è facile mettere i puntini sulle "i" nel caotico mondo dei social network, dove la buona educazione linguistica non ha mai fatto breccia. L'Accademia della Crusca, però, ci prova: a 431 anni suonati si comporta come se fosse una nativa digitale. Si muove con agilità su Twitter e Facebook e scatena furenti scontri all’ultima parola. Gli utenti, spesso, si dividono in puristi 2.0 e popolo degli sms: c'è chi vorrebbe un vocabolario fermo agli anni cinquanta e chi, invece, va avanti a forza di “selfie” e di “svapate” .
Tra il purismo e la "cazzimma". Nel mezzo della battaglia c'è l'istituzione linguistica proverbiale, nata sul finire del XVI secolo per separare il fior di farina (la parte "buona" della lingua) dalla crusca (gli scarti). Sorta dallo spirito anti-accademico di un gruppo di goliardi, che amavano definirsi "brigata di crusconi" e dedicarsi alle "cruscate” - discorsi ironici e futili - in polemica con il rigore dell’Accademia fiorentina. Trasformata da Leonardo Salviati, nel 1583, in un’istituzione in difesa della purezza del volgare toscano e in particolare di quello fiorentino: i riferimenti principali saranno sempre DantePetrarca eBoccaccio.
Oggi la Crusca si dà al web senza remore e organizza convegni internazionali per diffondere il multilinguismo. Ricostruisce accuratamente l’etimo della parola dialettale "cazzimma", un termine campano per lo più intraducibile, con una gamma di significati che spaziano dall'astuzia fino alla cattiveria. Cita Batman e il suo bat-segnale e grazie al supereroe spiega i nuovi significati di “virale”: si diffonde in un lampo l’immagine dello schiaffo all’amico Robin per un congiuntivo sbagliato.



«Con gli scarti si fanno cose buonissime». Qualcosa, insomma, non torna: qual è il rapporto tra la "cazzimma" e il fiorentino letterario trecentesco? C’è un legame tra Batman e Petrarca? Per scoprirlo ci siamo addentrati nel cuore della Villa Medicea di Castello, sede dell'istituzione: la meravigliosa sala dove si conservano le 153 pale con gli stemmi dei linguisti antichi. Il luogo dove la simbologia regna sovrana e tutto rimanda alla metafora della farina. «Separare il fiore dalla crusca non significa che gli scarti si debbano buttare via - sostiene Vera Gheno, la ricercatrice che cura il profilo Twitter dell'Accademia - anzi, per noi ogni fenomeno linguistico è degno di essere studiato».
Stefania Iannizzotto, la studiosa che si occupa della pagina Facebook, fiuta la nostra perplessità e la fuga con un esempio concreto: «Qui intorno è pieno di riferimenti alla parte meno nobile della farina. Se prendiamo la pala di Iacopo Giraldi, detto l’Abbellito, possiamo vedere che con la crusca si pulisce anche l'oro. Con gli scarti si fanno cose buonissime, un po' come nella cucina italiana. A volte ci scandalizziamo per una "k" in una parola italiana, perché non fa parte dei 21 segni del nostro alfabeto. Quella lettera, però, c'era già in alcuni documenti del '500. Non tutto è sempre così rigido: pensiamo al congiuntivo "Abbi, facci, vadi", per noi è fantozziano e ridicolo, ma Leopardi lo usava correntemente. Il bello della lingua è che si può discutere di tutto, non ci sono steccati».



La querelle con "Il Lercio". Pensavamo di avere a che fare con un tribunale della grammatica, ma siamo costretti a rimettere i nostri pregiudizi in tasca. Proprio come hanno fatto i creatori del sito satirico "Il Lercio", che un po' di tempo fa avevano sfidato i linguisti, titolando: «L'Accademia della Crusca si arrende: "Scrivete qual è con l'apostrofo e andatevene aff…"». Un frase che ha destabilizzato la rete per un po' di tempo, mettendo a nudo l’ingenuità del popolo dei social nella valutazione delle fonti. «Il bello è che molta gente non aveva capito che si trattasse di un articolo satirico - racconta Vera Gheno - nei commenti è nata una vera e propria discussione sullo stato della nostra lingua». Nel giro di poco tempo un utente chiede conferma direttamente all’account Twitter dell’Accademia: «Ho colto la palla al balzo - continua la linguista - ho risposto con un secco "No" e ho messo il link alla pagina del nostro sito che trattava la questione. La rete è fatta proprio di questi ganci, bisogna saperli sfruttare».
I social non spaventano gli studiosi. Il peso e l’autorità della storia non impediscono una certa leggerezza nell’uso del mezzo: un equilibrio difficile da trovare, ma possibile nei fatti. L’asso nella manica è proprio l’antico spirito goliardico delle "cruscate", che sui social finalmente rivive. «L'importante - sottolinea Iannizzotto - è saper valutare in che modo esprimersi a seconda delle occasioni. Esistono vari livelli di comunicazione: in una riunione dell’Accademia parlo in un modo, a casa o con gli amici in un altro». Le fa eco Vera Gheno: «La competenza linguistica è proprio questo: saper scegliere il registro da usare in ogni contesto. Su un social come Facebook è più difficile, perché vista la convivenza pubblica di amici, professori, alunni, colleghi e datori di lavoro ci vuole un'altra competenza: la buona conoscenza del mezzo. Dobbiamo agire sapendo che tutti possono leggere quello che scriviamo».
Dalla carta al web. Non è un caso che i social abbiano permesso all'Accademia di ampliare i suoi orizzonti. «Abbiamo sempre avuto la volontà di rivolgerci a un pubblico più vasto - racconta Marco Biffi, responsabile del settore web - già la nostra rivista cartacea "La Crusca risponde" era rivolta a un pubblico indifferenziato. I costi della pubblicazione, però, erano pesanti da sostenere. Il web ci ha permesso di ampliare i nostri orizzonti». Il numero delle richieste di consulenza linguistica cresce in maniera esponenziale: dalle 20-30 domande “cartacee” mensili, si passa alle 20-30 giornaliere sul portale web. «Anche il sito ufficiale, però, ha i suoi difetti - prosegue Biffi - perché vengono pubblicati testi scientifici, che devono essere avallati dal consiglio dell'Accademia. Ovviamente le tempistiche sono diverse rispetto a quelle del mondo del web. I social ci hanno permesso di abbassare il registro, di dare più spazio al folklore».
Quello che l’Accademia non potrà mai fare è fornire una risposta netta - del tipo “si può” o “non si può”- alle questioni linguistiche. «Questo non è il nostro stile - spiega Stefania Iannizzotto - per quello ci sono altre fonti, da cui attingiamo anche noi. Ci piace argomentare: descrivere un fenomeno linguistico non significa accettarlo per forza».
La digitalizzazione. L’informatica non è una passione dell’ultima ora per la Crusca, che ha sempre avuto un rapporto particolare con la tecnologia. «Per noi è una questione storica - sostiene ancora Biffi - abbiamo cominciato a pensare a una banca dati informatica alla fine degli anni cinquanta, quando c’erano i computer con le schede perforate. Nell’edizione delle “Concordanze degli Inni sacri di A. Manzoni” del 1967 si fa riferimento proprio all’uso del “calcolatore elettronico” nella ricerca delle occorrenze dei termini». Ma i mastodontici elaboratori in stile Dottor Stranamore, nascondono un’insidia. «Negli anni ottanta - racconta Biffi - abbiamo interrotto la creazione di un dizionario storico informatico per via della rivoluzione del personal computer».
L’Accademia, però, non si è arresa. Già dal 1992 ha ripreso i lavori informatici con il catalogo della biblioteca in rete. L’opera più importante è del 2004: la “Lessicografia della Crusca in rete” riunisce le 5 edizioni dei dizionari redatti, a partire da quello del 1612.

Oggi l’attività prosegue: il Vocabolario del fiorentino contemporaneo è già disponibile online, quello dell’italiano radiofonico e televisivo lo sarà presto

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