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lunedì 29 settembre 2014

CACCIATE I SOLDI! - PER DE RITA (CENSIS) GLI ITALIANI SONO PIENI DI RISPARMI, MA HANNO PAURA DI SPENDERLI: “BASTA PUNIRE IL PATRIMONIO PRIVATO CON LE TASSE, BISOGNA INCORAGGIARE LE SPESE”



Luisa Grion per “la Repubblica

Giuseppe De RitaGIUSEPPE DE RITA

Aspettando il «cambiamento » e la grande «svolta», l’Italia torna a mettere i soldi sotto il materasso. Negli ultimi sette anni, quelli della crisi, il valore di contanti e depositi bancari è aumentato di 234 miliardi. Quello che c’è non si consuma, tantomeno si investe, fa notare il Censis. Il suo presidente,Giuseppe De Rita, la definisce «una lucida strategia di sopravvivenza » dove «si resta liquidi per paura di quello che verrà e si tira a campare augurandosi di non essere disturbati più di tanto ».

Non sembra il modo migliore per far ripartire un’economia.
«Non lo è infatti, ma questo atteggiamento dimostra una volta in più che lo sviluppo non si crea se non ritorna la fiducia. E per ritrovare la fiducia dobbiamo partire da una constatazione: per quanto ci riguarda, un modello funzionale allo sviluppo è quello che vigeva nell’Italia degli anni 60-70. Fatto di microeconomia, di piccole aziende, di pensionati sessantenni che ripartivano con un’idea d’impresa in testa. Allora c’erano laboratori che crescevano come funghi e poi si trasformavano in piccole aziende; ragazzi che lavoravano e allo stesso tempo studiavano. Per tornar alla crescita bisogna ripartire da lì: questo non è il Paese delle cruenti svolte, qui si procede per transizioni».
Giuseppe De RitaGIUSEPPE DE RITA

E’ una critica al governo Renzi? I cambiamenti cruenti e le rottamazioni promesse non funzioneranno?
«Gli italiani sono sempre stati attratti dall’idea della grande svolta. Ne sono state annunciate tante, da Craxi a Renzi, passando per Segni. Lo stesso Berlusconi ne ha lanciate almeno tre. E’ normale che un governo politico vi faccia ricorso perché l’idea in sé seduce, crea attesa.

Ma allo stesso tempo innesca un meccanismo di difesa e fa riaffiorare la paura di diventare poveri. Se la riforma non produce effetti immediati ma procede per proclami — come avviene per quella del Senato, per la pubblica amministrazione e il Jobs act — ci si ferma, si torna al liquido, con l’obiettivo di avere meno problemi e di pagare meno tasse. Il risultato è che il capitale diventa inagito».

Il modello di sviluppo di cui lei parla gonfiò però il debito pubblico. Ha ancora senso riproporlo?
«Quell’idea di sviluppo costava troppo allo Stato italiano, non vi è dubbio. Il modello cresceva sfruttando la spesa pubblica quindi va rivisto è corretto, ma non è da buttare. Anche perché garantiva, rispetto a quello attuale, un equilibrio migliore, più vicino al senso della vita. Ecco direi che abbiamo urgente bisogno di una politica economica che dia fiducia e incorpori il senso della vita».
RENZI PADOANRENZI PADOAN

Obiettivo ambizioso, come si realizza?
«Bisogna premiare la voglia di fare e non punire, come sta succedendo, chi ha messo in piedi un piccolo patrimonio. L’esempio sulla seconda casa è esplicito: il fisco la considera una ricchezza, senza ricordare che nella stragrande maggioranza dei casi, in Italia, si tratta di eredità ricevute dalla famiglie di provenienza. Non sono un lusso, ma una radice, una boccata d’ossigeno, non vanno trattate con atteggiamento punitivo.

Quei piccoli patrimoni vanno protetti, incentivandone il rinnovo. Ridiamo un senso alle periferie urbane, aiutiamo fiscalmente chi vuole rifare il tetto della casa in campagna. Se si danno degli incentivi per adeguare l’abitazione ai criteri antisismici, le famiglie non aspetteranno più l’intervento dello Stato: tireranno fuori i soldi dal materasso e ci penseranno da soli, migliorando l’economia e anche la loro vita».
TASSA SULLA CASA jpegTASSA SULLA CASA JPEG

Imu, Ici, Tasi: tutto sbagliato allora?
«Sono contrario da sempre alle patrimoniali e alla tassazione sulla casa, usata per fare cassa e senza considerare che a forza di tassare il patrimonio, si finisce per distruggerlo. E’ arrivato il momento di pensare più alla microeconomia che alla macro. Anche perché su quel fronte possiamo fare ben poco: Bruxelles e le regole sul debito ci controllano a vista».

Il Censis dice che nelle famiglie la liquidità è aumentata. Ma se le aziende, le fabbriche, i negozi chiudono da dove arrivano questi soldi?
«Dalla mancata spesa delle famiglie e dai mancati investimenti delle piccole imprese: per paura del cambiamento annunciato mettono da parte i fondi, piuttosto che utilizzarli. E poi lì dentro c’è una bella fetta di lavoro in nero, fenomeno in crescita rispetto agli anni precedenti la crisi. Credo sarebbe meglio riconsiderarne il peso nel Pil, piuttosto che aumentare la ricchezza tenendo conto della prostituzione».

negozi chiusi

domenica 28 settembre 2014

Filippo Facci: disastro De Magistris, peggio da sindaco che in toga. Ha distrutto se stesso e Napoli

Filippo Facci: disastro De Magistris, peggio da sindaco che in toga. Ha distrutto se stesso e Napoli

IL RITRATTO di 
Luigi De Magistris.










www.liberoquotidiano.it
Il 30 maggio 2011 Luigi De Magistris diventa sindaco di Napoli, lasciamo perdere come e perché. Il suo motto è subito questo: rivoluzione. Si tratta di capire che cosa succedesse nei successivi due anni e mezzo: bastano quelli e si capisce tutto. Parliamo di un sindaco pluricommissariato, privo di una maggioranza stabile, privo di un partito, privo di un movimento, privo di consenso, condannato alla galera (con la condizionale) in compagnia di un sindaco condannato oppure lui.

Ripartiamo da quel giorno, dalla vittoria. Disse subito: «Spero che il vicesindaco sia una giovane donna». Sarà un uomo, un vecchio ex senatore comunista, Tommaso Sodano, già condannato dalla procura di Nola per aver strattonato una vigilessa durante un’occupazione; due anni dopo, nel 2013, finirà invece sott’inchiesta per abuso d’ufficio in relazione a una consulenza da 40mila euro affidata a una docente bergamasca. Ma vediamo altri campioni della squadra. Il Welfare è affidato a Sergio D’Angelo, presidente del Consorzio che raggruppa le cooperative che lavorano con il Comune di Napoli e che vanta 60 milioni di euro di crediti dall’Amministrazione, ma questo palese conflitto d’interessi non indigna nessuno. C’è una rivoluzione in corso. D’Angelo purtroppo sarà condannato in primo grado a quattro mesi di carcere (pena sospesa e commutata) per induzione a manifestazioni violente.

La rivoluzione, già: «Ho un sogno che potrebbe concretizzarsi: portare il presidente degli Stati Uniti d’America per Natale in città. Negli States sono molto attenti a questo fenomeno napoletano del movimento civico che mi sostiene, i contatti sono frequenti». Obama sorveglia Napoli. Forse coi satelliti: perché non verrà mai. E neanche Al Pacino verrà mai: ma su youtube c’è ancota il leggendario video in cui De Magistris invita l’attore in città: «Ellò, Al. Aimm Luigi De Magistris, de megior ov Neipols». Non andrà meglio con Bruce Springsteen, che a fine maggio 2013 terrà un concerto ma scapperà via subito.

Ma parliamo di spazzatura, che è il caso. A metà giugno 2011, mentre 10mila tonnellate di pattume marciscono per strada, De Magistris annuncia che risolverà il problema in «quattro o cinque giorni» (la frase è anche diventata un rap musicale) e parla di eventuale piano B e pure C. E annuncia che a capo della partecipata ambientale della città andrà Raphael Rossi, il manager diventato famoso per aver denunciato due imprenditori che gli avevano proposto una mazzetta. Ma il matrimonio durerà poco e finirà male.

Dopo cinque giorni ovviamente non succede niente. De Magistris accusa trame oscure: «Napoli sarà liberata dai rifiuti nonostante il tentativo di sabotaggio messo in atto in queste ore da certi ambienti refrattari ad accettare la svolta politica che stiamo attuando». Ma il 23 giugno deve ammettere che la situazione è grave. Nel pieno dell’emergenza, non si perde il Gay Pride: è in testa al corteo con un ombrellino verde a fiori. Due anni dopo metterà due orecchini rossi. Il 12 luglio però la situazione è gravissima. Un gruppo di napoletani scaraventa dei sacchettoni di monnezza contro il municipio. Rivoluzione arancione, sacchi neri e incazzati pure.

Inutile farla lunga: si parlerà tutti i giorni di spazzatura almeno sino a Natale. In quei giorni De Magistris si mette a querelare «coloro che, in questi giorni, a ogni livello, hanno gravemente compromesso l’immagine della città», cioè i giornalisti e i fotografi. Scarafaggi: non i giornalisti, ma le “Periplaneta americana” che intanto stanno invadendo Napoli, blatte rosse. La cosa fa il giro del mondo. Le Point titola: «Uno scarafaggio nella pizza».
Le cose miglioreranno lentamente: ma solo perché apriranno delle discariche (Chiaiano, per esempio) o solo grazie all’aiuto finanziario della Provincia retta dal nemico politico Luigi Cesaro. Poi spuntano le navi olandesi che trasporteranno il pattume nel Mare del Nord, un’assurdità costosissima. In breve: la promessa della campagna elettorale, quella di raggiungere il 70 per cento di raccolta differenziata entro il 2011, non sarà minimamente rispettata. Il tasso rimarrà al 25 per cento, come ai tempi della miglior Iervolino.

Intanto spuntano piccoli o grandi nepotismi. Dagospia rivela che la giovane Lucia Russo, collaboratrice dell’assessore allo Sport, è la cugina di De Magistris. Tra l’altro, durante la campagna elettorale, era stata intervistata come "disoccupata". Poi, nella stanza a fianco a quella del sindaco, spunta anche Claudio De Magistris: è il fratello, un impresario musicale che diventa capo della segreteria politica: a pagarlo è l’Italia dei Valori. Ma neanche il fratello durerà molto. Nel novembre 2012, peraltro, si scoprirà che l’avevano mandato in Grecia al “World Music Expo” perché la cosa era «di assoluta importanza strategica per l’Amministrazione».

II 2012, per De Magistris, sarà un anno orrendo. Licenziamenti, dimissioni, allontanamenti, litigi. L’aria si fa pesante. Raphael Rossi, l’esperto di rifiuti già glorificato su Report, viene silurato. Motivo: l’assunzione di 23 persone contro il suo parere. «Erano inutili e fuori dal diritto», dice. De Magistris perde anche la presenza di Roberto Vecchioni alla guida del Forum delle Culture, a tre mesi dalla nomina. Gli subentra l’ambasciatore Francesco Caruso che lascia anche lui, subito. Presto si dimetterà tutto il comitato tecnico-scientifico del Forum. Ma è la perdita di Giuseppe Narducci quella che fa male: è l’ex magistrato di Calciopoli e neo assessore a trasparenza e legalità. Dimesso. O silurato, chissà: la trasparenza è poca. «L’impressione che io ne ricavo - dirà - è quella di un clima ostile alla manifestazione delle idee e delle opinioni...». Ah beh. Poi se ne va l’assessore al Bilancio Riccardo Realfonzo, economista: silurato nonostante fosse stato tra i primi nomi indicati. Dirà: «È rimasto inascoltato il mio invito a rafforzare la lotta all’evasione».
Il sindaco in quei giorni pensa ad altro, e scalda i cuori con le barche della World Series 2012-2013 che navigano nel Golfo: una vittoria, anche se, di fronte alle inchieste e alle difficoltà, farà un classico passetto indietro: «La Coppa America non l’ho voluta solo io, potrei anche rinunciarvi». La Coppa, comunque, è costata 16 milioni di fondi pubblici. Venezia, per lo stesso evento, di fondi pubblici non ha stanziato nemmeno un euro. La sagra delle promesse mancate, di qui in poi, è una comica. Aveva detto: i miei assessori non useranno le auto blu ma andranno in bici. Ma le bici rimarranno in garage, e De Magistris l’auto blu continuierà ad usarla. Aveva detto: Napoli avrà la sua moschea entro il 2011. Non c’è. Aveva detto: «Progetto per il nuovo stadio entro il 2011». Non c’è. Ci fu, in compenso, la cittadinanza onoraria al leader palestinese Abu Mazen, e dal porto di Napoli partì una nave di un’organizzazione filopalestinese. Tutte cose che i napoletani attendevano frementi.

Di qui in poi dobbiamo correre. De Magistris annuncia un intervento immediato per smantellare la favela di Sant’Erasmo, una bomba sanitaria: è ancora lì, e ci sarà anche un’inchiesta con De Magistris e l’assessore Anna Donati indagati per omissione d’atti d’ufficio e attentato alla sicurezza stradale. Cominciano a mollarlo tutti, in quel periodo, anche perché Napoli è un caso unico in Europa. Per proteggerlo dall’ira dei disoccupati, devono chiamare la Polizia: quasi gli sfasciano l’auto a calci e pugni, con lui dentro. Il segretario Uil Luigi Angeletti: «Alla fine del suo mandato i disoccupati saranno aumentati». La Cisl regionale: «De Magistris confessi le sue gravi responsabilità». Cioè? «Gare negoziate per gli amici degli amici, spazi pubblici assegnati senza delibere». Il sindaco viene pubblicamente mollato pure da Saviano. L’Espresso lo fa a pezzi con tanto di copertina. De Magistris è crollato dal primo al 17esimo posto nel gradimento degli italiani sui sindaci - rileva il Sole 24ore. E non sono passati neanche due anni. Gian Marco Chiocci e Simone di Meo scrivono per Rubbettino il libro definitivo su De Magistris: “Il pubblico mistero”, documentatissima summa delle ragioni per cui tanti elettori napoletani finiranno in purgatorio.

Il fallimento, nel 2013, si riversa nelle elezioni politiche: “Rivoluzione civile”, in cui sono confluiti gli arancioni napoletani, si ferma al 2,25 per cento alla Camera e all’1,79 al Senato, e nella Napoli rivoluzionaria becca solo il 3,07 per cento. De Magistris incolpa, e scarica, Di Pietro e Ingroia. Non senza charme: «Io non ero candidato: quando in passato ho chiesto i voti, a Bruxelles come a Napoli, sono sempre arrivato primo. È stato Ingroia, a questo giro, a metterci la faccia». De Magistris, oggi, non ne ha più una.

di Filippo Facci

domenica 21 settembre 2014

L'umanità si divide in due gruppi: a quale appartieni? (FOTO)

Pubblicato: Aggiornato: 

C'è chi preferisce mettere il ketchup al bordo del piatto, e chi invece lo cosparge direttamente sulle patatine fritte. C'è chi mangia a tavola, e chi mangia a letto. Chi paga il conto, e chi si alza per andare in bagno perché non deve mettere mano al portafoglio.
L'umanità si divide in due gruppi, sempre, e questa è la geniale idea pubblicitaria delgruppo Zomado, sito visitatissimo dedicato al cibo che sottopone ai suoi potenziali clienti una lunga serie di quesiti azzeccati: mangi tutta la pizza o lasci i bordi? E soprattutto: al ristorante scegli le pietanze in base al prezzo oppure in base agli ingredienti?
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Noi siamo qui per cambiare l'Italia

ARTICOLO

dal sito ufficiale del PD

"Carissime democratiche, carissimi democratici, noi siamo qui per cambiare l'Italia e non accetteremo mai di fare le foglie di fico alla vecchia guardia che a volte ritorna". La lettera di Matteo Renzi a tutte le iscritte e gli iscritti al PD


Matteo Renzi  renzi03
Carissime democratiche, carissimi democratici, 
mentre volgono al termine le tante Feste dell'Unità svoltesi in tutta Italia, invio questa email innanzitutto per ringraziarvi dell'impegno sul territorio, della passione, della dedizione con cui state aiutando il PD in queste ore così delicate. 
Già, perché il risultato del 25 maggio – con quello squillante 40,8% – impone a tutti noi di essere all'altezza di una grande responsabilità: ridare fiducia all'Italia e agli italiani. Tocca a noi, nessuno si senta escluso. 

L'Italia sta cambiando molto. Dalle riforme istituzionali e costituzionali fino alla giustizia, passando per il terzo settore e la politica estera, dove il successo della nomina di Federica Mogherini costituisce un motivo di orgoglio e speranza per ciascuno di noi. In questi mesi stiamo lavorando moltissimo. E ormai siamo al momento finale di discussioni che pure erano state bloccate per anni come quella su una legge elettorale in grado di assicurare un vincitore certo o la riforma costituzionale che sono già alla seconda lettura e che dovranno essere affrontate senza indugio dal parlamento in queste settimane. Perché se la politica cambia se stessa e dà il buon esempio, poi, tutto è più semplice. 

Tra le prossime sfide segnalo in modo particolare: 

La scuola. Perché solo dando valore e dignità all'impegno degli insegnanti e alle aspettative delle famiglie riusciremo a risollevare l'Italia. Qui trovate il link del progetto del Governo. Vi prego di leggerlo, di discuterlo nei circoli, a scuola, in ufficio. La riforma della scuola non può essere la solita legge calata dall'alto. Abbiamo due mesi per discuterne ovunque, non perdiamo questa occasione. Coinvolgendo mamme e figli, prof e custodi, nonni e assessori. 

Il lavoro. Il 29 settembre presenterò in direzione nazionale il JobsAct. Dobbiamo attirare nuovi investimenti, perché senza nuovi investimenti non ci saranno posti di lavoro e aumenteranno i disoccupati. Ma dobbiamo anche cambiare un sistema ingiusto che divide i cittadini in persone di serie A e di serie B e umilia i precari. Chi oggi difende il sistema vigente difende un modello di diseguaglianze dove i diritti dipendono dalla provenienza o dall'età. Noi vogliamo difendere i diritti di chi non ha diritti. Quelli di cui nessuno si è occupato fino ad oggi. 

Il fisco. Abbiamo iniziato a ridurre la pressione fiscale restituendo 80 euro a undici milioni di italiani e diminuendo l'odiosa Irap del 10% per le aziende perché ancora oggi in Italia il costo del lavoro è troppo alto. Per colpa mia, peraltro, non siamo riusciti a comunicare bene il taglio del 10% dell'Irap che è già avvenuto, ma di cui non parla nessuno. Il fisco deve essere meno caro, certo. Ma anche più semplice. Per questo nell'ambito del programma dei mille giorni, partendo già dal prossimo anno, introdurremo innanzitutto la dichiarazione dei redditi precompilata. 

Bloccare l'emorragia dei posti di lavoro e tornare a crescere, semplificare il fisco pagando meno (ma pagando tutti, finalmente!) e, prima di tutto, investire sull'educazione e sulla scuola: questa è la nostra sfida. Ci hanno detto che siamo di destra per questo. Ci hanno paragonato ai leader della destra liberista anglosassone degli anni Ottanta.
A me hanno insegnato che essere di sinistra significa combattere un'ingiustizia, non conservarla. Davanti a un problema c'è chi trova soluzioni provando a cambiare e chi organizza convegni lasciando le cose come sono. Anche nel nostro partito c'è chi vuole cogliere la palla al balzo per tornare agli scontri ideologici e magari riportare il PD del 25%. Noi no. 

Noi siamo qui per cambiare l'Italia e non accetteremo mai di fare le foglie di fico alla vecchia guardia che a volte ritorna. O almeno ci prova.
Sul sito trovate l'indicazione della nuova segreteria. Chi può ci dia una mano, partendo dalle iniziative per le imminenti regionali e per le forme di autofinanziamento. Abbiamo la grande occasione di cambiare il paese più bello del mondo: Aiutiamoci a farlo sul serio.

venerdì 19 settembre 2014

GOSSIP DI CASTA - DALLE AMANTI DI GRONCHI AL MORALISMO DI SCALFARO: I PRIMI 20 ANNI DELLA REPUBBLICA SONO UN'ESCALATION DI SCANDALI, RICATTI, INCHIESTE E I PADRI DELLA PATRIA NON NE ESCONO MEGLIO DEI POLITICI DI OGGI - LA CASTA? NON L’HA INVENTATA GRILLO MA DON STURZO


Un libro ricostruisce con documenti inediti le prime legislature repubblicane: il comunista Sotgiu fu sorpreso con moglie e auto blu all’uscita di un bordello, Scelba fu pizzicato con una donna misteriosa in un bar (e la moglie si incazzò), Scalfaro intimò a una donna di coprirsi le spalle e fu sfidato a duello dal padre...

Cristina Bassi per “Il Giornale

LEI NON SA CHI ERO IO BATTAGLIALEI NON SA CHI ERO IO BATTAGLIA
La casta e l’antipolitica? Di certo non le ha inventate Beppe Grillo. Ma pochi punterebbero il dito contro i padri della Patria, quelli che nei primi vent'anni della Repubblica hanno costruito le fondamenta dello Stato. Lo fa Filippo Maria Battaglia, giornalista di SkyTg24, nel suo Lei non sa chi ero io!-La nascita della Casta in Italia (Bollati Boringhieri). Grazie a dati inediti, materiale sepolto negli archivi della Camera, documenti scovati all'Università della California e cronache di grandi firme come Indro Montanelli e Fortebraccio.

Prima di tutto il termine «casta». È stato don Luigi Sturzo ad associarlo per primo alla politica. Considerata «la tendenza di dare posti di consolazione a ministri, sottosegretari e deputati fuori uso», scrive nel 1950 il fondatore del Partito popolare, i nostri parlamentari sono ormai impegnati a «voler creare o consolidare una casta».
giovanni gronchi moglie fi maria cecilia 1955 lapGIOVANNI GRONCHI MOGLIE FI MARIA CECILIA 1955 LAP

Le prime legislature sono un'escalation di scandali, ricatti, impunità, inchieste a orologeria, giustificazioni paradossali. Basta spulciare i numeri. Tra il 1948 e il 1963 la Camera riceve ben 1.154 richieste di autorizzazione a procedere. Una media di 384 a legislatura, molto più dell'intera Prima Repubblica. Tutti i partiti sono coinvolti, ma il Pci è in testa.
 
Nel saggio c'è anche la nota vicenda del «bolero» che tolse il sonno a un Oscar Luigi Scalfaro 32enne. «È uno schifo! (...) Le ordino di rimettersi il bolero!», intima alla malcapitata Edith Mingoni, «colpevole» di essere un po' troppo scollata. Meno nota è la reazione all'offesa del padre della signora. Un colonnello pluridecorato, che fa recapitare al Parlamento una richiesta di sfida a duello. Ma il futuro capo dello Stato declina impacciato: «Credo solo nelle leggi di Dio e in quelle dello Stato». Suscitando l'ira di Totò che sull'Avanti gli scrive una lettera dal titolo «Siamo uomini o...».
 
CIAMPI SCALFARO COSSIGA E NAPOLITANOCIAMPI SCALFARO COSSIGA E NAPOLITANO
TAFFERUGLI IN AULA
È il 1953 e la legge elettorale voluta dal governo De Gasperi scatena proteste che farebbero impallidire qualunque grillino. «L'Aula - riporta il libro - diventa un ring: grida, improperi, banchi divelti e scazzottate.

Diversi parlamentari fanno a botte, ci sono contusi da una parte e dall'altra, mentre il presidente (Meuccio Ruini, ndr) viene colpito da una scheggia di legno (...). Fortuna che non ci sono fotografi, scrive nel suo diario Andreotti, che durante la seduta si schermisce con il cestino della cartaccia, trasformato in un elmetto protettivo. Il resoconto dei danni stilato dal Senato è impietoso.

Per rattoppare Palazzo Madama occorre più di un milione di lire (poco meno di ventimila euro di oggi). Lunghissimo l'elenco delle riparazioni: decine di sportelli di legno divelti, centinaia di cerniere di ottone scardinate, pavimento lesionato in più punti dai lanci degli oggetti, balaustra della galleria rovinata, sedie e sgabelli spaccati».
andreotti intervistato da tatti sanguinetiANDREOTTI INTERVISTATO DA TATTI SANGUINETI

L'AFFAIRE SOTGIU
Giuseppe Sotgiu è un comunista di spicco. Siamo nel 1954, Sotgiu è anche avvocato difensore di Silvano Muto, uno dei giornalisti che fanno scoppiare lo scandalo Montesi. Scrive Battaglia: Sotgiu finisce in prima pagina «fotografato con la moglie mentre con l'auto blu esce da una casa di appuntamenti. (...)

L'accusa (...) è di aver assistito da spettatore a scene di sesso della consorte con un minorenne, debitamente pagato. Il Pci, imbarazzatissimo, scarica il penalista». Ma ai giornali dell'epoca non sfugge la «doppia morale» dei comunisti. Anche perché, continua il saggio, «lo stesso Sotgiu durante il processo si era scagliato contro il “putrido e corrotto ambiente”» del caso Montesi.
 
MARIO SCELBAMARIO SCELBAFOTO CON DEDICA DI MONTANELLI ALLA SEGRETARIA DI ENRICO CUCCIA GIANCARLA VOLLAROFOTO CON DEDICA DI MONTANELLI ALLA SEGRETARIA DI ENRICO CUCCIA GIANCARLA VOLLARO
DOSSIER E PETTEGOLEZZI
Le lotte intestine della Dc producono pile di dossier. Il Sifar, servizio segreto militare, compila per lo più a uso e consumo del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi oltre 150mila fascicoli su politici e funzionari. Ma Gronchi è lui stesso protagonista del gossip d'epoca. Ecco un esempio: «“I romani - racconterà il settimanale Abc - parlano spesso della porticina che Gronchi ha fatto aprire su un lato del Quirinale, in via dei Giardini. Si mormora che di lì passino le amicizie femminili del presidente” (...).

Amicizie che costano al Parlamento diversi provvedimenti ad personam: uno di questi sarà ribattezzato “legge Pompadour” proprio perché “destinato a una delle sue favorite”». Una delle vittime del dossieraggio è il cattolicissimo Mario Scelba. Il settimanale filomissino Lo Specchio pubblica una sua foto in un bar in compagnia di una certa «signora Mariella». Il gossip non sfugge alla moglie dell'allievo di don Sturzo. Che, raccontano le cronache, si presenterà in Aula con un cerotto in testa.
Don Luigi SturzoDON LUIGI STURZO

giovedì 18 settembre 2014

Il “no” generico e infondato dell’Italia agli Ogm è insostenibile


Proteste di alcuni attivisti di Greenpeace contro le coltivazioni ogm (foto Ap)
di Pietro Dri

Al direttore - Il recente intervento sul Foglio del ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, su Expo e Organismi geneticamente modificati (Ogm) è rispettabile per la “politeness” ma la sua difesa della linea anti Ogm, senza sopracciò, come lei dice, rivela mancanza di argomentazioni a sostegno della tesi proibizionista. Il ministro e lo staff di esperti che lo affiancano sanno benissimo che piante Ogm da oltre vent’anni sono coltivate in molte parti del mondo. Nel 2012 la superficie globale di coltivazioni Ogm era di 170 milioni di ettari nei 28 diversi paesi del mondo che dal 1994 hanno adottato questa tecnologia.
 Complessivamente l’adozione degli Ogm è stata associata a una riduzione del 18,3 per cento della tossicità ambientale nelle aree coltivate e una riduzione dell’8,9 per cento dell’uso di pesticidi ed erbicidi. Il beneficio anche economico per i produttori è esemplificato da una ricerca pubblicata nel 2012 sulla rivista dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti relativamente alla introduzione, in India, del cotone transegnico Bt, resistente ai parassiti. Lo studio dimostra che nel periodo considerato, 2002-2008, la produzione del cotone è aumentata del 24 per cento a seguito della riduzione del danno da parassiti con un aumento del 50 per cento del profitto per i piccoli proprietari.
 Per quanto riguarda l’impatto sulla salute, non esiste alcun fondamento teorico a sostegno della possibile tossicità delle piante Ogm. Già nel 2008 un gruppo di esperti dell’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (Efsa), composto da oltre 20 scienziati di diverse nazioni con competenze nei campi dell’agronomia, tossicologia, ambiente, valutazione del rischio, microbiologia ecc., concludeva che gli studi su animali alimentati con cibi transgenici non dimostravano effetti clinici o anomalie istopatologiche e che il loro valore nutrizionale era paragonabile ai corrispondenti alimenti non Ogm. Nessun prodotto alimentare e nessun farmaco (per rimanere in un settore in cui la sperimentazione è estesa e rigorosa) è stato testato su così larga scala come gli Ogm, in tutti i continenti. Ad ora non esiste studio attendibile che abbia dimostrato effetti avversi di questi prodotti su uomo, ambiente e animali. Protezione della biodiversità, molti sostengono. Asserzione totalmente priva di senso per il fatto che nell’ambiente non sono presenti piante autoctone non Ogm che possano essere modificate dalle corrispondenti varietà transgeniche. Una nota triste, invece, riguarda la ricerca nel campo delle biotecnologie agrarie. In assenza di sperimentazione, vietata per gli Ogm, non può esistere ricerca e nessun progetto che preveda studi sugli Ogm verrebbe finanziato nel nostro paese. Il gap tecnologico in questo campo, rispetto ad altri paesi anche meno sviluppati, aumenterà, un po’ come è accaduto per il nucleare dopo il divieto alla realizzazione di centrali. Le ricadute anche dal punto di vista economico sono facilmente immaginabili.

Vorrei concludere con le parole di Norman E. Borlaug, premio Nobel per la Pace per la sua opera nel campo delle ricerche in agricoltura e l’applicazione di tecniche classiche di ibridazione alla prevenzione della fame nel mondo e fondatore del World Food Prize, una sorta di premio Nobel per l’alimentazione e l’agricoltura. In un articolo intitolato “Ending World Hunger. The promise of biotechnology and the threat of antiscience zealotry” (Porre fine alla fame nel mondo. La promessa della biotecnologia e la minaccia del fanatismo antiscientifico), pubblicato sulla prestigiosa rivista Plant Physiology, Borlaug nel 2000 affermava: “La modificazione genetica delle piante non è una sorta di stregoneria. Piuttosto è il progressivo imbrigliamento delle forze della natura a beneficio dell’alimentazione della razza umana. L’ingegneria genetica non è il sostituto delle tecniche di incrocio convenzionale ma una tecnica complementare attraverso cui geni ‘utili’ derivanti da gruppi tassonomici diversi possono essere trasferiti in maniera precisa e rapida per ottenere raccolti di più elevata qualità e quantità. A oggi non esiste dimostrazione scientifica credibile che suggerisca che i prodotti transgenici siano dannosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente”.

Recentemente il World Food Prize è stato assegnato a tre biotecnologi con questa motivazione: “Aver contribuito alla nascita di un nuovo termine, biotecnologia agraria, e preparato il terreno per colture ingegnerizzate con caratteri nuovi che hanno aumentato le rese e conferito resistenza a insetti e malattie, così come tolleranza a condizioni ambientali avverse. Il loro lavoro ha reso possibile, per gli agricoltori di 30 paesi, il miglioramento delle rese agricole, l’incremento del reddito e la capacità di nutrire una popolazione mondiale in crescita”. A fronte di tutto ciò, il ministro Martina dovrebbe spiegare, non in maniera generica, le ragioni dell’opposizione alla libertà di ricerca e di innovazione nell’agricoltura.

Pietro Dri è Ordinario di Patologia generale all’Università di Trieste
© FOGLIO QUOTIDIANO