E’ stato l’unico a non dirmi ‘Marco fermati, è pericoloso’». Pannella è molto contento di aver ricevuto da Papa Francesco un incoraggiamento diverso. Non un invito alla ritirata prudente ma un incitamento ad andare avanti. «Mi ha detto ‘continui a essere coraggioso’. Ecco sì, mi ha fatto molto molto piacere. Ma adesso glielo dico io, a Papa Francesco. Gli dico che lui è portatore di una parola di rivoluzione, e che però non vorrei facesse economia proprio di quell’atto di coraggio per lui più facile da compiere. Vorrei che ripetesse quanto hanno detto due suoi predecessori santificati di recente: date l’amnistia. Ecco, vorrei dicesse questo». Il leader radicale non è stanco. Provate a parlargli, guardatelo mentre afferra il microfono a uno dei suoi dibattiti, o nel suo ennesimo ferragosto di solidarietà ai detenuti. Continua, come il Pontefice lo ha invitato a fare. Ma adesso Pannella rilancia al Papa l’invito alla battaglia. «In lui c’è sicuramente l’avvento di quel tipo di religiosità che può trovare un precedente nel cattolicesimo liberale, più che nel cattolicesimo democratico. Quindi c’è una vera novità, non solo per le cose che dice sullo Ior, tanto per intenderci. Dall’altra parte c’è il freno della struttura vaticana tradizionale, quella romana, con i suoi tremori e tradimenti. E però Papa Francesco esorta un po’ tutti a essere coraggiosi, vero? Bene, l’atto di coraggio che io mi sento di chiedere a lui è che dica: l’amnistia è stata invocata dal presidente della Repubblica, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, dalle Nazioni unite, e da due miei predecessori, ora la invoco anch’io».
Marco Pannella non confida per nella riforma della giustizia. Non si illude che possa avverarsi la promessa di processi più veloci, di una giustizia più efficiente, e dunque di un diritto meno calpestato. Non è per sfiducia nei confronti di Andrea Orlando. Sono i fatti a parlare. Sono le denunce per la giustizia palla al piede dell’Italia che lui propone da trent’anni, inascoltate, salvo sentire il governo proclamare adesso che se non si interviene lì il Paese non riparte. Più che nella riforma, confida nel fatto che l’italia cambi per sollecitazione indotta, com’è avvenuto con la Corte europea sulle carceri.
Ma perché la struttura vaticana dovrebbe sconsigliare al Papa un appello sull’amnistia?
Pensi al proibizionismo, che è questione concettualmente affine: le posizioni filoproibizioniste sono tipiche della burocrazia vaticana. Noi radicali siamo ultrà liberali, ma siamo per la legalizzazione, che un po’ è come dire che su questo gli statalisti siamo noi.
Non è detto: la legalizzazione vuol dire anche delega.Ho sempre detto che l’antiproibizionismo è l’alternativa ai sistemi che favoriscono il successo di una forma particolare di ,liberalismo, quello in cui il mondo criminale acquisisce maggiore potere. Uno Stato antiproibizionista è liberale ma nemico del liberismo criminale. E c’è sicuramente un nesso tra antiproibizionismo e disponibilità a sostenere l’amnistia. Se il Papa vorrà parlarne, dovrà superare delle resistenze interne al Vaticano.
Lei non si aspetta granché dalle misure del governo sulle carceri.
Ecco, torno a citare il Papa polacco, che ha riconosciuto come l’amnistia rappresenti l’unica misura strutturale per risolvere non il problema delle carceri ma quello della giustizia lenta. Se i procedimenti da 5 milioni passano a due e mezzo cambia tutto, naturalmente anche dal punto di vista dell’emergenza carceraria. E i riflessi positivi si estendono anche alla giustizia civile.
Il governo vi risponderà che la riforma in arrivo darà i suoi frutti.
La loro riforma dovrà scontare i tempi tecnici parlamentari, che sono tempi indeterminati. Oppure dovranno ricorrere a quella forma di abuso che è la decretazione d’urgenza, già più volte condannata dalla Corte costituzionale. Vuol dire esautorare il Parlamento. E poi i precedenti non aiutano, perché i decreti e le leggi passate finora per affrontare la questione carceraria non hanno prodotto nulla. C’è un obbligo imposto dalla giurisdizione europea che in realtà non è mai stato assolto. Ma ripeto, il problema non è nella situazione carceraria in sé. E’ nella non ragionevole durata dei processi.
In realtà su questo il governo è d’accordo con lei.
Mi interessa che abbiano convenuto su questo punto il massimo magistrato italiano, che è il presidente della Repubblica, e la Corte costituzionale, concordi nel ritenere che l’unico rimedio strutturale sia l’amnistia.
Inascoltati anche loro.
Nessuno ha dato risposte a quell’intervento del Capo dello Stato, da noi apprezzatissimo, in cui ricorre due volte l’espressione ‘obbligo’, riferito alla necessità di una soluzione strutturale. Di fronte a un principio riconosciuto a livello transnazionale e nazionale, il governo deve intervenire.
La legge sugli 8 euro è a rischio costituzionalità.
E’ passata dopo la sentenza Torreggiani, dopo le molte sentenze sulla lentezza del nostro processo penale pronunciate a Strasburgo. La cosa incredibile è che questa montagna si è trasferita persino alla Corte europea.
In che senso?
Nel senso che i ricorsi contro l’Italia da parte dei detenuti o di chi ha patito per la nostra giustizia sono così numerosi da aver sommerso persino i giudici di Strasburgo con una quantità enorme di processi. E pensare che la necessità di un intervento strutturale è stata riconosciuta da tutti i ministri della Giustizia precedenti, da Nitto Palma a Cancellieri.
Lasciare inevase le prescrizioni europee sulla giustizia può indebolire Renzi anche nelle trattative con l’Ue per la flessibilità sui conti pubblici?Renzi ha l’attitudine al rischio in tutte le questioni importanti. Deve continuamente schivare pericoli. Ma questo gli deriva dal fatto che lui non ha mai avuto una strategia, la strategia comporta visione d’insieme, lui invece è un attivista del punto di vista utilitaristico immediato. Molto meglio Berlusconi.
Perché?
Sui referendum Berlusconi ha sfidato i ladri di verità che tengono in pugno il suo partito. Sui nostri 12 quesiti ha detto: sarebbe importate consentire al Paese di esprimersi. Ma i suoi l’hanno fottuto, semplicemente non seguendolo. Mentre a Berlusconi capitava questo, Renzi ha proposto di non sottoscrivere alcuno dei 12 referendum. Accompagnato da un coro di pappagalli e di oche solerti nel ripetere la stessa cosa. Tutti a dire ‘no all’amnistia e all’indulto’, e questa è stata la loro risposta ai messaggi del presidente della Repubblica.
Sulle nostre carceri è arrivata anche la bocciatura dell’Onu.
Il dossier presentato un mese fa dalla delegazione Onu sulla detenzione arbitraria segnala anche le nostre inadempienze sul 41 bis. Secondo le Nazioni unite questo regime carcerario ‘non è stato ancora reso conforme agli standard internazionali in materia di diritti umani’. In quel documento c’è un richiamo a tutti i moniti precedenti, a quanto detto dal presidente della Repubblica, alle sentenze della Corte europea. E il riferimento al 41 bis è arrivato mentre io e Rita Bernardini iniziavamo il Satyagraha e segnalavamo anche la situazione incredibile del boss mafioso Provenzano.
L’Onu avrebbe potuto risparmiarsi le indagini: quel caso basta per tutti.Tre diverse procure generali siciliane hanno stabilito che Provenzano non può essere citato perché incapace di intendere e di volere. Se si consentisse ai suoi familiari di incontrarlo non potrebbe dare nessun tipo di ordine a qualsivoglia organizzazione criminale. In questo caso il 41 bis si riduce a mera vendetta. I delegati dell’Onu si sono sentiti in dovere di segnalare anche questa cosa. Che li ha fatti partrire dall’Italia scandalizzati per l’imbecillità del boia.