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venerdì 31 gennaio 2014

MODELLO GIUDITTA – LA PIDDINA GIUDITTA PINI FA A PEZZI CON IRONIA IL GRILLINO CHE AVEVA DATO DELLE POMPINARE ALLE DEPUTATE PD: ‘HO PRESO 7 MILA 500 PREFERENZE, MI FA ANCORA MALE LA MANDIBOLA...’


Marcia indietro del grillino De Rosa, anche Dambruoso (Sc) si scusa con la Lupo ma niente dimissioni – Cazzotti, insulti, gazzarre: le camere non sono mai state un modello di educazione – Ma questo non scusa i grillini, anzi: è due volte grave, per chi vorrebbe cambiare le cose, ritrovarsi uguale al passato…. - -

DAGOSPIA.COM
31/01/2014
1. L'AULA DELLE RISSE, SENZA CAMBIARE MAI
Jacopo Iacoboni per ‘La Stampa'
PROTESTE IN AULA M SPROTESTE IN AULA M S
«Ho il ricordo del Parlamento simile a un atrio di stazione con gente stravaccata dappertutto, scamiciata, la cinghia dei pantaloni in mano, senza scarpe, a sputare per terra, a disseminare cicche, cartacce e resti di cibarie, a tirarsi le cose, darsi schiaffi, ingiuriare, a bestemmiare»... Non è una cronaca di ieri, l'ha scritta un inimitabile, Ugo Zatterin, raccontando cosa vide in aula nel 1949 nella seduta fiume per decidere l'adesione dell'Italia nella Nato.
massimo de rosaMASSIMO DE ROSA
Perché è brutto - in vari gradi - quello che sta succedendo da due giorni a Montecitorio, il decreto su Bankitalia accorpato all'Imu, il deputato M5S che grida "boia chi molla", la tagliola, le urla e il tentativo di paralizzare tutto, la manata del questore di Scelta Civica alla collega cinque stelle, gli insulti sessisti alle deputate Pd o ad Alessandra Moretti. Le camere non sono mai state un modello di nulla, certo non di educazione. Il che non scusa nessuno, anzi: è due volte grave e doloroso, per chi vorrebbe cambiare le cose, ritrovarsi uguale al passato.
Quel 18 marzo del '49 Giulio Andreotti annotò nei suoi diari: «La seduta durò ininterrottamente tre giorni e tre notti per stroncare gli ostruzionismi e fu contraddistinta da pugilati, scambi di percosse e persino da un morso alla mano del mite Achille Marazza, azzannato dal comunista Di Mauro che cercava di aggredire De Gasperi alle spalle». Non c'era lo streaming, non c'era il tg di Mentana, ma i fattacci c'erano. Accadevano.
De Gasperi si beccava insulti truculenti, per l'epoca; «buffone» da Togliatti, «bugiardo» da Giolitti, addirittura «servo» da Pajetta, «traditore» persino dal moderato Amendola. Gronchi alla fine disse che l'aula era ridotta a «un'arena da circo», «uno spettacolo da competizione di facchini di piazza». Circensi e facchini, peggio che angiporti. E siccome si menavano dentro e fuori dall'aula, il comunista Serbandini, che faceva la spola, si vantava delle «mani sporche del sangue dei vecchi».
massimo de rosaMASSIMO DE ROSA
Per non dire di ciò che avvenne il 21 gennaio del '53, nel dibattito sulla legge truffa. De Gasperi e Scelba avevano fretta ma, altro che ostruzionismo, volavano cazzotti. Meuccio Ruini, presidente del Senato, fu colpito - lo racconta Pietro Ingrao nel suo libro - da una tavoletta in faccia. Narrò Zatterin «il vecchio uomo politico non si trattiene dal farsela nei pantaloni».
Stefano DambruosoSTEFANO DAMBRUOSO
Il guaio non è «oh che tempi brutti viviamo», è che sbandieriamo cambiamenti ma restiamo sempre uguali a come siamo sempre stati: pessimi. Certo, ora vediamo tutto istantaneamente, giudichiamo, twittiamo. Ma pare impossibile cambiare, e questo è il messaggio amaro. Abbiamo assistito ai comunisti che stavano quasi per menare il radicale Cicciomessere.
STEFANO DAMBRUOSOSTEFANO DAMBRUOSO
Abbiamo visto in epoche più recenti Storace che va a caccia di Paissan, le gazzarre leghiste e i cappi in aula di Luca Leoni Orsenigo. Quando Finì mollò Berlusconi i leghisti stavano per picchiare Catia Polidori. A Sgarbi ruppero gli occhiali. Quando cadde Prodi berlusconiani (Nino Strano) festeggiarono a mortadellate; il mastelliano Tommaso Barbato sputò in faccia a un collega (Nuccio Cusumano), che svenne sentendosi ululare insulti sessisti squallidi oltre ogni dire. In un dibattito su Eluana Englaro, Gaetano Quagliariello gridava, con occhi sbarrati, «non è morta! È stata ammazzata!».
alessandra moretti xALESSANDRA MORETTI XAndrea RomanoANDREA ROMANO
Non s'era detto che era la legislatura del cambiamento? All'inizio di questa storia il comunista Giuliano Pajetta era «la tigre rossa», e il fratello Giancarlo «il giaguaro»: si lanciavano sugli avversari; e il missino Leccisi era «il K2 dell'uppercut». Ma i figli e i nipoti dicevano di voler cambiare; non di essere uguali a loro.

giovedì 23 gennaio 2014

Rondolino: "I democratici? Sono divisi tra berlusconiani e alfaniani"

Intervista a Fabrizio Rondolino, ex spin doctor di D'Alema ora vicino al sindaco: "Ricorda il primo Cav, è innovativo. I dinosauri del suo partito sono finiti"









Uno che la liturgia comunista e postcomunista la conosce a memoria.
Rondolino, che intende?
«Renzi incarna il primo berlusconismo, che fu antideologico. Il Cav voleva un partito italiano del fare, del rinnovamento».
E Alfano che c'entra?
«Alfano pensava di stare al governo e di raggiungere la stabilizzazione moderata tagliando le ali. Un progetto trasformistico già fallito».
Ne è sicuro?
«Il governo Letta è il più minoritario della storia repubblicana. Ci sono tre poli: e di fatto sono tutti all'opposizione».
Quindi anche il Pd di Renzi?
«Ma sì. Renzi sta a Letta come la scapigliatura sta alla lentezza. Fare contro dire di fare».
Napolitano da che parte sta?
«Re Giorgio è renziano. La sua preoccupazione non è tenere a tutti i costi in vita il governo ma fare le riforme e dimettersi. Non vuol essere ricordato come il presidente della palude».
E Renzi che garanzie gli dà?
«Certo più di Letta».
Ma il Pd di Renzi sarà ancora un partito di sinistra?
«Direi piuttosto: sarà ancora un partito?».
Addirittura...
«Nel Pd lo sport preferito non è andare insieme verso la vittoria ma azzoppare il generale».
Veltroni, poi Bersani. Toccherà anche a Matteo?
«Renzi ha capito la lezione e farà il segretario di partito».
I suoi predecessori non l'hanno fatto?
«Ma no, erano vittime del compromesso permanente, di una cogestione per cui chi vince non vince del tutto e chi perde non perde del tutto. Il suicidio perfetto della leadership».
Renzi deve fare il dittatore?
«Deve fare il maleducato, per dirla alla Cuperlo. La maggioranza governa il partito. E basta. Deve essere il Craxi del Pd».
Ahi.
«Ma sì, Craxi trasformò il Psi da comunità terapeutica di sinistra in partito veloce e deciso».
Matteo ce la può fare?
«Boh. L'opposizione interna nella vita parlamentare ha migliaia di occasioni per impallinarlo. Ma Renzi ha dalla sua l'opinione pubblica. Come Berlusconi».
Craxi, Berlusconi. Lei scherza con i tabù della sinistra.
«Il Cav due o tre idee sul futuro dell'Italia ancora ce l'ha».
Torniamo al Pd. Quante anime ci sono al momento?
«Tante. Ma sintetizzando direi gli intransigenti alla Cuperlo che danno del dittatore a Renzi; e i realisti alla Fassina, che dicono: ha vinto, quindi ha ragione pure se ha torto».
I più pericolosi per Matteo?
«Ci fosse Veltroni direi i secondi. Ma Renzi non concederà nulla né agli uni né agli altri».
Siberia?
«Ma no. L'ala sinistra deve scegliere: o escono e diventano marginali. O restano consapevoli che il partito ha preso definitivamente un'altra strada. La comunista è una delle due culture Pd ormai sconfitte».
E l'altra?
«Ovvio, la Dc di Letta. Che a Renzi replica con riunioni, documenti, convegni. Melassa, salamelecchi da vecchia politica».
E i dinosauri del partito?
«Per loro è finito tutto con le primarie. Devono fare come Clinton. Che è stato presidente degli Usa, quindi del mondo, e doponon ha più rotto i coglioni».
D'Alema, Bindi, Finocchiaro, Marini addio?
«Due interviste l'anno per dire cose di buon senso. E stop».
E poi chi contrasterà Renzi?
«Se lui sarà bravo pagherà due o tre persone intelligenti che faranno da no-men. Così si vaccinerà dal delirio di onnipotenza. E poi sa che le dico?».

Prego...
«Che quel tratto di arroganza giovanile di Renzi a me non dispiace. Non dispiace affatto».

martedì 21 gennaio 2014

I DIECI COMANDAMENTI DI RENZI



MATTEO RENZI
21 Gen. 2014
DAGOREPORT - I DIECI COMANDAMENTI DI RENZI

Raccolti da Carlo Freccero ascoltando Renzi e i renziani.


1. FARE

2. Spazzare via l'ideologia: Fare non è di destra, né di sinistra.

3. Alternanza secca su base maggioritaria: non si accettano critiche dai partiti minori.

4. Il leader non è un politico, ma un sindaco, un amministratore, operatore sul territorio che risolve problemi pratici/concreti.

5. L'apparato della politica (il Parlamento come sede di discussione) è inutile, parassitario, costoso.

6. Al di fuori della persona del leader, investita dalla legittimazione popolare, la politica va rottamata.

7. Il meccanismo è un inutile ingombro all'attività del leader.

8. Il leader non si appoggia alla politica, ma agli imprenditori di buona volontà che, dando lustro al Paese, dimostrano di essere operativi.

9. Il nuovo è meglio del vecchio.

10. Tutto quello che si oppone a me, va rottamato.