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domenica 17 dicembre 2023

SANITÀ, LISTE DI ATTESA INFINITE: QUANDO SI HA DIRITTO ALLA VISITA URGENTE (E AL RIMBORSO)

di Antonio Serpetti di Querciara* Il problema delle liste d’attesa e delle cure indifferibili e urgenti è stato affrontato anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte, che ha esaminato il caso delle spese sanitarie sostenute all’estero dal malato che non sia riuscito a ottenere una terapia in tempi brevi. Infatti, in applicazione dell’articolo 32 della Costituzione, il cittadino che versi in condizioni di salute di estrema gravità e che richiedano cure urgenti e qualificate — qualora sia costretto a ricorrere a strutture non convenzionate poiché le strutture pubbliche sono impossibilitate a rendere le prestazioni necessarie — ha il diritto al rimborso delle spese sostenute dal SSN. In tal caso, non possano ostarvi atti amministrativi presupposti e adempimenti burocratici incompatibili con la gravità delle condizioni di salute, in quanto gli stessi sarebbero affetti da illegittimità e, conseguentemente, devono essere disapplicati. Nella specie, la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza con cui era stata rigettata la domanda di rimborso di un intervento chirurgico presso un centro specializzato estero. È stato ritenuta irrilevante la mancata integrazione della condizione prevista dall’art. 2 del D.M.03/11/1989, richiamato dal D.M. 30/08/1991, cioè dell’essere rimasto l’interessato in lista d’attesa in almeno due strutture pubbliche o convenzionate con il SSN per un periodo superiore a quello massimo ivi previsto (Cass., sez. I, 16/07/1999, n. 7537). Il parere del Consiglio di Stato Inoltre, la Cassazione ha ritenuto che, con riferimento al bene salute, è individuabile un nucleo essenziale, in ordine al quale si sostanzia un diritto soggettivo assoluto e primario, volto a garantire le condizioni di integrità psico-fisica delle persone bisognose di cura, allorquando ricorrano condizioni di indispensabilità, gravità ed urgenza non altrimenti sopperibili, a fronte delle quali è configurabile un mero potere accertativo della Pubblica amministrazione in ordine alla ricorrenza di dette condizioni (Cass. SS.UU. 17461/2006). A maggior riprova, il Consiglio di Stato ha autorevolmente affermato, in materia di assistenza sanitaria, che il principio della libertà di cura è in piena sintonia con il disposto dell’art. 32 Cost. Infatti, sussiste il diritto del paziente a vedersi riconosciuto il trattamento medico a lui consigliato dal medico curante quando questo non è assicurato da strutture mediche nazionali e non sia in discussione la specialità della cura prescritta ovvero la sua adeguatezza. Nel diritto alla salute, costituzionalmente garantito, è compresa anche tale facoltà in quanto, dalla sua negazione discenderebbe la necessità di sottoposizione a trattamenti sanitari diversi da quelli prescritti con una restrizione insopprimibile dei diritti di malato. Con la conseguenza che il centro pubblico di riferimento, che è chiamato a verificare la sussistenza delle condizioni per il rilascio dell’autorizzazione a recarsi all’estero, non può verificare anche la corrispondenza dalle proprie valutazioni terapeutiche della scelta del paziente (Cons. Stato, sez. V, 03/10/2002, n. 5191). Il caso del Tribunale di Bari Altro aspetto di rilevante criticità è dato dalla lunghezza delle liste d’attesa nel caso in cui si dovesse fruire urgentemente di una terapia salvavita. In tale caso, il Tribunale di Bari, adito con ricorso ex art. 700 c.p.c., ha ordinato l’immediata erogazione di una terapia in favore di un paziente, posto in lista di attesa, sulla base della considerazione che lo stesso avrebbe dovuto conseguire, in via immediata, un risultato terapeutico in relazione alla probabilità che la stessa terapia fosse idonea ad assicurare il prolungamento della sua esistenza in vita e, comunque, il miglioramento delle sue condizioni cliniche. Per tali motivazioni, il giudice barese ha ordinato alla Azienda Unità Sanitaria Locale e all’ospedale materialmente tenuto alla erogazione della terapia l’immediata somministrazione in favore del ricorrente delle prestazioni di chemioterapia e radioterapia, nella misura e per il periodo risultante dalla certificazione del medico curante. Alla luce di quanto esposto, è possibile identificare due rimedi contro le lunghissime liste d’attesa. Il primo consiste nel ricorrere a cure all’estero a spese del servizio sanitario nazionale (ovviamente nei casi e nei limiti indicati dalla legge e meglio definiti dalla Cassazione e dal Consiglio di Stato). L’altro è rappresentato dal ricorso ex art. 700 c.p.c. del paziente all’Autorità Giudiziaria, affinché il Tribunale ordini l’immediata erogazione, in suo favore, della prestazione sanitaria necessaria, urgente ed indifferibile. *Antonio Serpetti di Querciara è avvocato e autore presso Giuffrè-Francis-Lefebvre Iscriviti alle newsletter di L'Economia

lunedì 11 dicembre 2023

Spesa al supermercato, le 30 regole per evitare fregature

OFFERTE E DINTORNI 1) Attenti alle offerte troppo speciali: sotto certi livelli di prezzo la qualità può essere solo un vago ricordo. 2) Alcune catene hanno introdotto linee di prodotti low cost. Ma non è detto che siano i più economici in assoluto. 3) Se avete tempo consultate i volantini online disponibili sui siti di tutte le insegne: difficilmente potete trovare tutti i prodotti che vi servono, a prezzo ribassato, in un unico punto vendita. 4) Alcuni produttori hanno ridotto il contenuto delle confezioni (sgrammatura) senza tagliare il prezzo. Confrontate il peso netto o la capacità con le altre referenze dello stesso tipo sul bancone 5) Sottocosto e sottoprezzo non sono sinonimi. 6) Nello spazio dei negozi riservato alle offerte non sempre trovate i prodotti meno cari. 7) Confrontate sempre i prezzi al chilo o al litro e non i prezzi unitari delle confezioni. 8) Leggete le etichette per fare un confronto fra due o più prodotti. A volte il succedaneo è diverso dall’originale. 9) La marca e i marchi di per sé non vogliono dire nulla: con l’inflazione alcuni produttori hanno introdotto linee meno costose, ma di qualità nettamente inferiore. 10) Il «paghi 2 e prendi 3» non ci fa risparmiare, ma spendere di più: tendiamo a confondere l’offerta che sconta del 33% il prodotto con quella che ce ne regala il 33% in più. INSEGNE E CARRELLI 11) Quando riempite il carrello iniziate dalle referenze più voluminose, ad esempio l’acqua minerale o la birra. 12) Evitate l’acquisto d’impulso. Se quel che state mettendo nel carrello non è indispensabile si rivelerà inutile. 13) Non innamoratevi di una catena. Solo cambiando più di un negozio si notano le differenze di prezzo. 14) Vicino alle casse si trovano spesso i prodotti più costosi. Regolatevi di conseguenza. ORIGINE E PROVENIENZA 15) Marchi famosi dell’elettronica di consumo e del fai da te sono stati rilevati da società cinesi che mettono sul merca to prodotti di qualità pessima. Controllate sempre con la mas sima attenzione la dichiarazione d’origine. 16) A proposito di Cina: «Made in PRC» significa che si trat ta di un prodotto che arriva dalla Repubblica Popolare Cine se. 17) Quando su un’etichetta trovate la dichiarazione "Origine Ue e non Ue" vi stanno prendendo in giro. La superficie dell’Unione europea sommata a quella extra europea equivale a quella del pianeta Terra. Significa che un prodotto non arriva da Marte. 18) Le preparazioni gastronomiche e i salumi porzionati sul punto vendita sono esenta ti dall’indicazione d’origine. Te netene conto. SOCIAL MEDIA 19) Quel che si legge sui social media non equivale alla verità rivelata. Gli influencer spesso sono a libro paga dei marchi che magnificano. 20) I gruppi sui social media dedicati a una singola insegna sono spesso gestiti da dipendenti o società specializzate ingaggiate dalla stessa catena. TEMPI D’ACQUISTO 21) La fretta è una pessima consigliera. Se avete poco tempo rinviate gli acquisti più costosi. 22) Non è detto che la spesa fatta giornalmente faccia risparmiare. A meno di non basarsi su una lista degli acquisti bloccata. Aumentare la frequenza degli acquisti moltiplica quelli d'impulso. LISTE DELLA SPESA 23) Fate una lista della spesa completa, lasciandovi la possibilità di aggiungere solo un paio di voci. 24) Se conoscete bene un punto vendita, compilate la lista della spesa seguendo l’ordine in cui trovate le referenze che vi interessano. Farete meno strada ed eviterete di cadere nelle “trappole” studiate per spingervi ad acquistare di più. 25) Non buttate via le liste della spesa utilizzate: confrontatele per capire quali e quante referenze avete dovuto aggiungere sul punto vendita. Se si ripetono con regolarità inseritele nella lista base. 26) Verificate sempre gli scontrini prima di uscire dal punto vendita: può accadere che una referenza in offerta venga battuta al prezzo pieno. Se accade avete diritto al rimborso. TRAPPOLE EFFICACI 27) I migliori clienti della Gdo sono i mariti che cedono facilmente all’acquisto d’impulso nei reparti del fai-da-te. Sappiatelo! 28) Occhio a dimostrazioni e show cooking: le vendite di pentole e piccoli elettrodomestici si moltiplicano anche per 30 fra chi vi partecipa. 29) Acquisti solidali: la “missione” di supermercati e imprese alimentari è quella di vendere di più non affrancare le popolazioni sottosviluppate dalla loro condizione miseranda. 30) Quando acquistate un bene strumentale, come una macchina fotografica, un computer o un telefonino verificate a quali condizioni e a che prezzo è fornita l'assistenza.

Il grande nemico Osama bin Laden oggi è un modello nei campus americani

UN FOGLIO INTERNAZIONALE Il grande nemico Osama bin Laden oggi è un modello nei campus americani 11 DIC 2023 Più di vent’anni dopo, la sua “Lettera all’America” è diventata virale tra i giovani: è coerente con ciò che è stato loro insegnato. L'articolo del Wall Street Journal "Gli studenti universitari non sono sempre stati convinti dalla prosa di Osama bin Laden” scrive Christopher Nadon. “Eppure, quando la sua ‘Lettera all’America’ del 2002 è diventata virale tra i giovani americani all’inizio di questo mese, non sono rimasto sorpreso. Avevo assegnato il documento a un corso su religione e politica quando è apparso per la prima volta. Gli studenti l’hanno trovato avvincente in quanto dichiarazione chiara e concisa delle motivazioni, delle intenzioni e della comprensione di al Qaeda del mondo e della storia del medio oriente. Erano inorriditi, come la maggior parte dei docenti. Eppure un anno prima, solo pochi giorni dopo l’11 settembre 2001, un professore di cultura marxista aveva tenuto una conferenza in una riunione dello staff sulla necessità di comprendere e simpatizzare con i 19 sfortunati uomini che erano stati spinti al martirio dall’oppressione coloniale occidentale. Quelli nelle torri, intonò, se lo aspettavano. Quel giorno i miei colleghi reagirono a questa affermazione con derisione e disprezzo. Ma il virus era arrivato. Presto si sarebbe diffuso. Ho ripreso a insegnare il corso nel 2017, dopo una pausa di dodici anni. A quel punto la classe era piena di studenti la cui formazione si è svolta interamente nel mondo post-11 settembre. Ancora una volta abbiamo letto la lettera di bin Laden, e ancora una volta gli studenti sono rimasti inorriditi, questa volta non da bin Laden ma da me per averla assegnata. Gli studenti erano stati educati a considerare razzista chiunque potesse suggerire un collegamento tra al Qaeda e la religione. Il terreno era stato preparato per isolare il cosiddetto discorso non occidentale dalla discussione critica. Mi hanno denunciato come ‘islamofobo’ e hanno abbandonato la classe. Ma almeno in quella fase non avevano ancora preso Bin Laden come modello. Oggi la sua lettera appare preveggente ai giovani perché le opinioni che sposa sono in sintonia con ciò che i loro professori hanno insegnato per anni. Raramente si sente l’opposizione. Al Claremont Colleges, dove insegno, 186 docenti hanno firmato una lettera in cui incolpavano il ‘colonialismo dei coloni israeliani’ per il massacro del 7 ottobre e sostenevano il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. Gli studenti hanno eretto un santuario ‘agli insorti che sono morti per la liberazione della Palestina’. In una repubblica come la nostra, ‘dedicata al principio secondo cui tutti gli uomini sono creati uguali’, la teoria conta. Non sarebbe la prima volta che gli sconfitti sul campo di battaglia impongono il giogo del proprio pensiero ai figli dei loro nemici”.

lunedì 13 novembre 2023

Come cambia il cervello con l’età

Come cambia il cervello con l’età: le tappe dello sviluppo fino a dopo i 70 anni di Elena Meli La piena maturità fisica si raggiunge intorno ai trent’anni, ma il cervello non cessa di evolvere e continua a cambiare anche se il numero di cellule nervose diminuisce con l’età Dopo i 20 anni, un poco prima nel caso delle ragazze, non si cresce più in altezza; dopo la pubertà si diventa biologicamente adulti e siamo in grado di riprodurci. Dal punto di vista dell’evoluzione quindi i giochi potrebbero essere fatti intorno ai 25, 30 anni: siamo ben cresciuti e si è già potuta perpetuare la specie, facendo figli e prendendosene cura quel tanto che basta per renderli indipendenti, perciò se si passa a miglior vita il mondo andrà avanti lo stesso. Ed è andata così per millenni, quando l’aspettativa media di vita era bassissima: si potrebbe perciò pensare che lo sviluppo dell’organismo, in ogni sua parte, sia mirato a renderci persone «complete» in tutto e per tutto, fisicamente e mentalmente, intorno ai vent’anni. Per il fisico è così, ma per il cervello è un’altra storia: non smette mai di evolversi, imparare, crescere e la sua «adolescenza» è molto più lunga rispetto al resto del corpo. Il cervello può sempre imparare La ricerca scientifica sta infatti scoprendo che per arrivare ad avere un cervello «adulto» all’uomo servono molti più anni rispetto agli altri mammiferi, ma anche che il cervello ormai cresciuto non è un monolite dove le cellule non si riproducono più e che può solo perdere neuroni invecchiando, come si pensava fino a qualche anno fa: negli animali, per esempio i ratti e i macachi, la neurogenesi in età adulta è stata più volte dimostrata e buoni indizi ci sono anche nell’uomo, visto che alcune ricerche suggeriscono come in alcune aree cerebrali si possano formare nuovi neuroni perfino superati i 70 anni. Certezze su questo non ce ne sono ancora, ma se pure non crea nuove cellule di sicuro il cervello può «crescere» continuando a imparare, finché siamo vivi. La plasticità L’uomo è un animale molto speciale. La sua infanzia e la sua adolescenza sono più lunghe di quella di tutti gli altri, non solo perché impiega più tempo per arrivare all’indipendenza e alla capacità di riprodursi, ma soprattutto per quel che avviene nella sua testa. Il cervello di un bambino nei primi mesi e anni di vita è in una fase di tumultuoso accrescimento tanto da formare ogni secondo oltre un milione di nuove connessioni. Un periodo decisivo perché, come spiega Alfredo Berardelli, past president della Società Italiana di Neurologia, «quanto si mangia nei primi mille giorni di vita, per esempio, incide su come funzionerà il cervello per tutto il resto dell’esistenza. L’allattamento è fondamentale e la mamma deve avere una dieta sana perché il latte contenga tutti i nutrienti necessari, ma anche dopo lo svezzamento l’alimentazione dei primi 2-3 anni di vita resta essenziale: in questo periodo si formano tantissimi collegamenti nervosi che decidono come il bimbo poi saprà usare la memoria e imparare, controllare gli impulsi e l’umore, pianificare le attività e il multitasking. L’infanzia è anche una fase in cui le possibilità di potenziare le abilità cognitive sono al massimo: le capacità cerebrali si stanno sviluppando grazie alla creazione di nuove connessioni fra i neuroni e anche per questo la qualità dell’istruzione nei primi anni è la base per un cervello in salute a lungo. Migliorare le prestazioni mentali però è un obiettivo realistico anche dopo e l’idea che esista un periodo privilegiato per l’apprendimento durante l’infanzia è sorpassata: le cellule cerebrali continuano a mantenere una certa dose di plasticità ben oltre l’età adulta , consentendo a chiunque di poter migliorare le performance cerebrali, almeno in teoria, in ogni momento dell’esistenza». La grande potatura delle funzioni cerebrali L’adolescenza è tuttavia l’altro momento decisivo per il cervello, che attraversa di nuovo una fase di profondo cambiamento in un arco di tempo più lungo di quello che si supponeva: secondo le nuove definizioni si è adolescenti fra i 10 e i 24 anni, ma fino ai 30 il cervello continua a svilupparsi e maturare in misura significativa. La «taglia» cerebrale adulta viene raggiunta nella prima adolescenza, quando termina l’accrescimento in volume ed è massima la quantità di materia grigia, che corrisponde alle cellule nervose, mentre la materia bianca (le connessioni nervose) tende invece ad aumentare dopo, da adulti. Quel che accade negli anni dell’adolescenza è però un affinamento delle funzioni cognitive grazie soprattutto al cosiddetto pruning, una vera e propria potatura delle connessioni cerebrali attraverso cui quelle non più necessarie vengono eliminate, così da rendere il cervello più agile, pronto ad apprendere e capace di adattarsi meglio e più in fretta alle situazioni grazie alla creazione di nuove reti fra neuroni. Il cervello torna insomma a essere una «spugna», come nei bambini piccoli, e per questo lo stile di vita e le esperienze vissute in adolescenza sono decisive nel bene e nel male. Che cosa succede agli adolescenti In questo periodo conta tantissimo avere un’alimentazione sana, fare esercizio fisico, dormire a sufficienza; peccato che il cervello dei ragazzi remi contro proprio per come è fatto. L’ultima parte a maturare è infatti la corteccia prefrontale, ovvero l’area deputata a ragionamento, pianificazione, decisioni e controllo degli impulsi; i ragazzi «navigano» invece nel mondo facendo affidamento sul sistema limbico e l’amigdala, aree che si sviluppano prima e sono associate alle emozioni e a meccanismi di sopravvivenza come la reazione «fuggi o lotta». Inoltre assume particolare importanza la parte «sociale» del cervello, che fa propendere gli adolescenti per le esperienze assieme ai coetanei: ottimo quando si fanno nuove amicizie o si passa tanto tempo con i compagni di squadra dello sport preferito, un po’ meno se si frequentano cattive compagnie. La scarsa capacità di giudizio dovuta all’immaturità della corteccia prefrontale, che matura con tempi diversi da persona a persona e si può attardare fin verso i 30 anni, porta a dare più importanza alla gratificazione che alle conseguenze dei propri comportamenti: per questo se si assaggia una sostanza d’abuso e si ha un’esperienza piacevole diventa più facile incappare in una dipendenza. Si tratta di un periodo di rimodellamento cerebrale critico in cui, come spiega la neuropsicologa inglese del Southampton Children’s Hospital Angela Griffin in uno studio sulle modifiche cerebrali negli adolescenti «le connessioni che si sviluppano di più sono quelle fra l’ippocampo e la corteccia frontale: in questo modo si diventa man mano più bravi a utilizzare ricordi ed esperienze per prendere le decisioni, riconciliando le emozioni con le richieste della realtà esterna». Per diventare bravi a farlo contano tantissimo le esperienze con i pari, fra le più cruciali per lo sviluppo del cervello adolescente: anche per questo preoccupano i possibili effetti delle restrizioni sociali messe in atto in pandemia, che solo adesso si stanno iniziando a tracciare e che sembrano poter avere conseguenze sui giovani fra i 10 e i 24 anni in proporzione molto più ampie rispetto alle altre fasce d’età, proprio per la fase decisiva in cui si trova il loro cervello. Ian Gotlib, del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Stanford (Usa), ha osservato che dopo la pandemia gli adolescenti mostrano non solo un maggior disagio mentale, ma anche una corteccia cerebrale più sottile, un maggior volume di amigdala e ippocampo e altre caratteristiche compatibili con un cervello invecchiato più in fretta del dovuto. Le implicazioni sono tutte da decifrare, ma tornare a frequentare (buone) compagnie è di certo una delle raccomandazioni da mettere in pratica per fare sviluppare al meglio il cervello dei giovanissimi. L’allenamento aumenta la riserva cognitiva Fino ai 30 anni, abbiamo spiegato, il cervello impara, si modifica e «cresce». Poi inizia a «contrarsi» perché perdiamo neuroni, con una velocità che aumenta molto dopo i 60 anni: il volume cala soprattutto nelle aree frontali, deputate al ragionamento e al controllo delle emozioni, e nell’ippocampo, coinvolto nei processi di apprendimento e memori a. Contemporaneamente la corteccia cerebrale si assottiglia perché le cellule, diminuendo, si diradano e hanno meno connessioni fra loro, come testimonia anche la riduzione della sostanza bianca in età avanzata; ciò, insieme a una diminuzione nella produzione dei neurotrasmettitori attraverso cui i neuroni dialogano, man mano rallenta le funzioni cognitive. Questo è certo, non è ancora chiaro invece se nel cervello adulto si formino o meno nuovi neuroni: alcuni ricercatori ritengono che possa accadere perfino dopo i 70 anni, almeno stando a risultati di uno studio della Columbia University su autopsie di persone di varie età (pare però che si tratti di cellule meno capaci di creare nuove connessioni). Neurogenesi Ulteriori indagini suggeriscono che almeno in età adulta, prima di diventare molto anziani, la neurogenesi ci sia e nell’ippocampo, una delle aree dove sono state individuate cellule staminali nervose, si creino fino a un centinaio di nuovi neuroni ogni giorno; altri studi però smorzano le speranze e una ricerca pubblicata su Nature ha indicato i 13 anni come il limite oltre cui non si aggiungono nuovi neuroni. La questione è aperta, c’è però accordo sul fatto che più del numero di cellule contino le connessioni, che rendono il cervello umano molto plastico e in grado di imparare nuove abilità anche da anziani, sebbene con uno sforzo maggiore. Per questo non è mai tardi per allenare il cervello, come osserva Alfredo Berardelli: «Anche da anziani si possono migliorare le performance cerebrali. Certo conta tenere impegnato il cervello durante tutta la vita per rafforzare la rete delle connessioni cerebrali: ciò crea una riserva cognitiva consistente, così quando qualche funzione viene meno per il deteriorarsi delle cellule nervose può essere rimpiazzata da altri neuroni della rete. Ma non è mai troppo tardi e tutte le attività che stimolano la mente possono andare bene a patto di essere motivati e farle volentieri ma anche di scegliere qualcosa che lo “accenda” davvero e non sia un esercizio passivo: leggere, frequentare amici, visitare musei, creare occasioni per imparare qualcosa di nuovo e che piace sono tutti metodi efficaci. Ricordando che come nel nostro corpo abbiamo molti muscoli diversi da potenziare tramite allenamenti differenti, così il cervello ha varie capacità da esercitare: memoria, attenzione, concentrazione, linguaggio, logica, creatività, ragionamento. Ognuna va stimolata con attività diverse, anche per questo non ne esiste una migliore in assoluto», conclude il neurologo.

lunedì 23 ottobre 2023

TG2 delle 18:15

11/102023 Ci insegnano già alle elementari che il saluto Buonpomeriggio NON esiste nella nostra lingua e comunque dopo le ore 17 si dice Buonasera. Per favore ditelo alle lettrici del TG2. Cordialmente. Ennio Di Benedetto 23/10/2023 Questa sera il conduttoree del TG2 delle 18:15 ha salutato correttamente con un "Buonasera". Evidentemente la mia email di protesta ha avuto riscontro e rendo merito alla redazione del TG2.

mercoledì 18 ottobre 2023

Il Foglio per Israele

Con questa email dichiaro la mia adesione al Vostro appello pro Israele. Cordialmente. Ennio Di Benedetto Via VII Luglio, 50 Carrara (MS) Email: enniodibenedetto46@gmail.com Smartphone: +39 3482623024 "Difendere Israele significa difendere la nostra libertà. E le nostre democrazie. E quando una democrazia, come quella di Israele, viene colpita da terroristi che sognano di eliminarla, di cancellarla dalle mappe geografiche, di spazzarla via dalla storia, quella democrazia va difesa senza balbettare, senza indugi. E senza avere esitazioni". Con questa convinzione il Foglio ha organizzato una fiaccolata in sostegno di Israele, a Roma, che ha raccolto un'ampia adesione da parte della politica e del governo italiano, ma anche della società civile che ha riempito lo spazio antistante l'Arco di Tito. Oltre a diversi ministri, partecipano le delegazioni di tutti i partiti di maggioranza - Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati - Pd, Più Europa, Italia Viva e Azione. Presenti anche il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, Noemi Di Segni, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma, Marco Carrai, console di Israele, Riccardo Pacifici, presidente dell'European Jewish Association. "Oggi siamo qui per portare solidarietà e per dire che vogliamo una società aperta in un mondo che noi condividiamo e che vogliamo vedere sempre. Sono molto contento di essere qui e di aver organizzato insieme a Il Foglio questa manifestazione fantastica", ha detto il direttore Claudio Cerasa salutando la piazza pienissima e introducendo gli ospiti. L'intervento del ministro Tajani Il vicepremier e ministro degli Esteri ha iniziato il suo intervento ricordando la condanna unanime di governo e Parlamento contro le azioni di Hamas: "Poco fa c'è stato l'ultimo voto in Parlamento e tutti hanno condannato senza esitazione la vile aggressione contro cittadini inermi, giovani, donne, bambini e ragazzi che festeggiavano". "Sono scene inaccettabili quelle che abbiamo visto nel Parlamento di Teheran quando i deputati esultavano perché una banda di assassini ha ucciso centinaia di innocenti. Ho rispetto per tutti i combattenti - ha continuato il ministro - ma chi se la prende con un bambino, con un vecchio con una donna con uno disarmato non è un combattente è un vile, un vigliacco e questo bisogna dirlo. Noi come governo italiano non mancheremo di sostenere il diritto di Israele di essere sulla carta geografica. Nessuno ha il diritto di cancellare l'unica democrazia del medio oriente. L'Italia si batte perché Israele continui a essere libero dal terrorismo". Neanche un euro deve finire indirettamente nelle tasche di Hamas, ha detto il ministro, che ha partecipato questo pomeriggio a un Consiglio Affari esteri europeo: "L'ho detto e l'ho ribadito: neanche un euro a chi fa propaganda antiebraica in Palestina. Il governo italiano vigilerà sui soldi della cooperazione. L'altro impegno che abbiamo preso è quello di fare tutto il possibile per liberare gli ostaggi di Gaza. Domani andrò a parlare anche con l'Egitto per vedere cosa si può fare per aprire un canale umanitario. Faremo tutto il possibile". Poi una parola per Silvio Berlusconi: "Ha cambiato la politica estera italiana e ha permesso all'Italia di essere il primo grande amico di Israele e del suo popolo", ha infine detto Tajani parlando "da segretario di Forza Italia". L'intervento del ministro Nordio "Se fossi stato un privato cittadino sarei venuto comunque a questa fiaccolata", ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio aprendo il suo intervento, "ma oggi la mia presenza è ancora più importante. La Giustizia è il leitmotiv del vecchio testamento, è sempre presente nella storia di Israele e nelle voci dei suoi profeti. Oggi Israele ha tanti titoli di legittimazione a resistere, la storia, la geografia, il diritto internazionale", ha detto Nordio, ricordando che "l'Unione Sovietica è stato il primo stato a riconoscerlo, anche se molti della sinistra oggi lo dimenticano". "Israele ha il braccio lungo per fare giustizia – ha concluso Nordio – e io mi auguro che la faccia anche ora. L'esistenza di Israele è sempre minacciata ma sappiamo che ha la capacità di resistere". L'intervento del sindaco di Roma Roberto Gualtieri "Siamo in un luogo particolare, che rappresenta una delle prime sciagure che si sono abbattute sul popolo ebraico, alla base della presenza a Roma della più importante comunità ebraica", ha detto il sindaco di Roma Roberto Gualtieri parlando dell'Arco di Tito. "A loro - ha aggiunto - abbiamo il dovere morale di esprimere sostegno, vicinanza e criminalità di fronte alla barbarie di un attacco terroristico che rappresenta uno degli ennesimi atti di antisemitismo che hanno costituito un tratto della storia del popolo ebraico, un atto che ha delle implicazioni politiche enormi. Tutti dobbiamo contrastare con forza ogni elemento di antisemitismo che putroppo è presente nella nostra solidarietà. Faremo di tutto perché a Israele sia garantito e assicurato il diritto all'esistenza alla sicurezza e a prosperare la sua democrazia, che rappresenta per noi un punto di riferimento". L'intervento di Giuliano Ferrara “Oggi l’appello che viene da Israele è uno solo: stare uniti e sapere che questi primi giorni sono stati giorni di trauma, di dolore, di disperazione, di ricerca di notizie, si è appresa una cosa che si conosceva, ma che si è manifestata dentro Israele: la capacità dei predoni di decapitare i bambini, di rapire non soltanto anziani e ragazze, ma anche 2 milioni e 300 mila palestinesi nella striscia di Gaza messi al servizio di una logica spietata di sangue e di morte”, dice il fondatore del Foglio Giuliano Ferrara durante la fiaccolata all’arco di Tito. “Gaza - prosegue Ferrara - è ostaggio di Hamas, bisogna liberare Gaza anche con le bombe, anche con i carri armati, anche con l’esercito, e bisogna restituire tutto quel territorio a una legittima amministrazione dove i predoni non abbiano la minima possibilità di perseguire i loro scopi e i loro fini”. Ferrara ha anche fatto un invito al sindaco di Roma Roberto Gualtieri che era intervenuto prima di lui e che ha fatto proiettare su palazzo Senatorio le bandiere di Israele e della pace una vicino all’altra. “Non voglio dire a Gualtieri una cosa semplice ma gliela dico: sindaco, in questo momento la bandiera della pace è quella con la stella di David, quella è l’unica bandiera che va esposta sul Campidoglio, sul tempio laico della città di Roma. Israele può e deve fare tutto, una sola cosa non può fare: sguarnire un fronte come quello che separa lo stato, i giovani che ballano i kibbuzim, le comunità e le città israeliani dalla barbarie dei predoni di Hamas”. Ferrara ha quindi terminato così il suo intervento: “Dobbiamo sapere che i prossimi giorni saranno tremendi, c’è un diritto emozionale che non si può negare a piangere tutte le vittime, a commuoversi per un territorio con quella densità di abitanti. Avremo agenzie di tutti i tipi che cercheranno di dimostrare che Israele è all’origine di questa spirale di violenza, abbiamo un solo modo di reagire: non credergli e diffondere in ogni angolo di strada la nostra verità. Israele è la bandiera della pace unica davanti ai predoni che non gridano libertà per la Palestina, gridano Allah Akbar, un grido di fanatismo religioso che va annientato da una forza comminata con una grande violenza e capacità politica, mi auguro che Israele sia all’altezza delle aspettative di ognuno di noi, ne sono sicuro”. L'intervento di Matteo Renzi (Italia Viva) "Ringrazio il Foglio, perché in questi anni ha avuto il coraggio di prendere posizioni controcorrente", ha detto il senatore Matteo Renzi aprendo il suo intervento alla fiaccolata per Israele. "Ferrara è un maestro, vale più di un ministro. Ha detto la cosa più difficile: avere il coraggio di prendere in faccia la realtà. Dicono 'adesso Israele si deve fermare. Hamas ha dato la disponibilità alla tregua'. Dopo aver visto i bambini decapitati, gente uccisa mentre ballava. La vera questione l'ha posta Ferrara: cosa succederà quando Israele farà quello che non hai mai avuto il coraggio di fare prima? Mi vengono in mente le parole della prima premier donna d'Israele: “Potremmo forse perdonarvi per avervi ucciso, ma non potremo mai perdonarvi per averci costretto a uccidervi. E' adesso che Israele dovrà riflettere su se stesso. Il logorio interno ha prodotto un dramma enorme nel sistema istituzionale d'Israele. Ma questo oggi passa in secondo piano. Da padre vorrei dare un abbraccio affettuoso ai genitori di chi va a combattere per difendere il suo paese. Noi siamo la vostra famiglia. L'intervento di Mara Carfagna (Azione) "Non è la prima volta che partecipo ad un'iniziativa a sostegno di Israele e so purtroppo che non sarà neanche l'ultima. Ma nel frattempo ci sono cose che non devono accadere più dopo quello che è successo e personalmente lotterò perchè queste cose non accadano più", ha detto la deputata Mara Carfagna intervenendo alla fiaccolata del Foglio. "Quella dei terroristi di Hamas non è una battaglia di resistenza: è una guerra contro Israele per cancellarlo dalle cartine geografiche e per negare a Israele il diritto di esistere come stato del popolo ebraico. Questa è la verità", ha detto Carfagna. "Questa battaglia la devo non soltanto alla mia coscienza, non soltanto alle mie convinzioni più profonde, la devo anche a una bambina che ha tre anni e che ha avviato il suo percorso per diventare ebrea e, se Dio vorrà, quando compirà l'età della maturità religiosa, diventerà ebrea. Quella bambina dovrà essere orgogliosa di essere ebrea e dovrà sentirsi libera e sicura di non dover pagare una colpa soltanto perchè è ebrea. Quella bambina è mia figlia e per lei, e per bambini come lei, io combatterò al vostro fianco per difendere la causa di Israele che è la mia causa e la nostra causa". L'intervento di Molinari (Lega) "Ringrazio il Foglio per aver voluto questo momento di riflessione", ha detto Riccardo Molinari prendendo la parola. "Come ha spiegato Giuliano Ferrara non si tratta solo di manifestare solidarietà, rispondere alla logica del diritto internazionale, di prendere atto che c'è un conflitto in campo dove un esercito regolare si confronta con dei terroristi, che si fanno scudo con gli innocenti. Il sentimento che dobbiamo avere è un sentimento di solidarietà verso il popolo di Israele perché la difesa di Israele è la difesa dei pilastri della nostra società, in difesa della democrazia, dello stato liberale, di un modello di società dove al centro c'è l'uomo", ha continuato il deputato della Lega. "Chi si oppone a Israele è portatore di morte, di fondamentalismo oscurantismo religioso. Non si possono avere dubbi sulla posizione dell'Italia. Il voto del Parlamento di oggi è un voto importante, ha visto una grande unità delle forze politiche. Anche in questa ritrovata unità ci sono però dei distinguo, delle note a margine, delle riflessioni a parte, delle parentesi di troppo. Quando si inizia a fare la pruriginosa distinzione tra antisemitismo e antisionismo, quando si inizia a dire che Israele non ha diritto di esistere nega al popolo ebraico in tutto il mondo di avere un tetto sicuro, di avere una casa. Non dobbiamo avere paura di dire che il nuovo antisemitismo che dobbiamo combattere è l'antisionismo di chi in tutti i modi nega il diritto dello stato d'Israele di esistere", ha concluso Molinari. L'intervento di Donzelli (Fratelli d'Italia) "La politica italiana oggi è stata unita nella condanna di quanto accaduto, ma non basta, questa unità deve esserci anche nel prendere le distanze di chi userà i 'ma anche', i tentativi di giustificare, i se, i ma e i però, per questo non deve esserci spazio, per chi fingendo solidarietà stringe la mano degli amici dei terroristi". Così il deputato di FdI Giovanni Donzelli nel suo intervento alla fiaccolata del Foglio. "Questa stessa compattezza - ha aggiunto Donzelli - dovrà esserci quando Israele comincerà a difendersi, liberando finalmente quei territori". L'intervento di Alfieri (Pd) "L'importante è esserci con una sola bandiera: quella di Israele, che è quella della libertà. Oggi in Parlamento ci siamo levati la maglietta, per dire tutti quanti no alla violenza, all'attacco terroristico di Hamas, a quello che abbiamo visto". Così il senatore dem Alessandro Alfieri intervenendo dal palco della fiaccolata a sostegno di Israele. "Noi siamo a fianco del governo, di Tajani, se andrà a costruire le condizioni con quei paesi per la liberazione degli ostaggi, dell'Europa, anche dai banchi dell'opposizione – ha concluso – perché noi siamo l'Europa. Gerusalemme è la frontiera delle democrazie occidentali e saremo al loro fianco". L'intervento di Maurizio Lupi (Noi moderati) “Per noi e per tutti un abbraccio, un grazie e un giudizio. Un abbraccio perché abbracciarsi se siamo qui vuol dire coinvolgersi, non essere lontani. Nella ricchezza e nella diversità stare l'uno insieme con l'altro". Lo ha detto il deputato di Noi Moderati Maurizio Lupi intervendo alla Fiaccolata organizzata dal Foglio sotto l'arco di Tito, in difesa di Israele. "Un abbraccio al rabbino capo di Roma, al presidente della comunità ebraica di Roma. Un grazie al direttore Cerasa, ma un grazie perché arrivando qui c'è, molto più delle nostre parole, un segno evidente: la città di Roma è qui spontaneamente. E non ha bisogno che qualcuno che gli dica cosa fare. Ha bisogno di esserci perché sa da che parte stare. Non si può non stare dalla parte della libertà e della pace", ha aggiunto Lupi. "Ha detto Giuliano Ferrara: non si può non stare dalla parte della pace. E oggi quella bandiera è il simbolo della pace. Senza un giudizio tutto rimane vano. I se, i ma, i però non valgono a nulla. Anzi, rischiano di diventare connivenza. C'era prima qui un manifesto molto bello: la libertà dell'occidente si difende sotto le mura di Gerusalemme. Questo è il giudizio chiaro che dobbiamo dire. Lo ha detto con forza Giuliano Ferrara, senza se e senza ma. Mentre parlavano il rabbino capo e il presidente della comunità ebraica di Roma mi sono ricordato di quando nel 1930 andarono a convincere Pio XI che doveva appoggiare le leggi razziali. Disse una cosa che poi riprese Don Luigi Giussani nel 1999: 'Non possiamo non dirci spiritualmente ebrei'. Non possiamo non dirlo, perché è questo che ci lega. L'uomo nella sua libertà e nella sua libertà. Grazie perché ci siete e perché ci siamo", ha concluso Lupi.

venerdì 1 settembre 2023

Infarto, le "spie d'allarme" per prevenirlo: lo studio

Il 50% delle persone colpite da un infarto potrebbe manifestare una "spia d'allarme" 24 ore prima. A dimostrarlo uno studio dello Smidt Heart Institute, in California. di Foto profilo di Valentina MericioValentina Mericio Pubblicato il 30 Agosto 2023 SALUTE Prevenire un infarto potrebbe essere possibile. Questo è ciò che ha evidenziato uno studio effettuato dai ricercatori dello Smidt Heart Institute di Cedars-Sinai, in California. Da questa analisi che è stata pubblicata sul “Lancelot Digital Health” – si legge da Adnkronos – è emerso che circa la metà delle persone che viene colpita da un infarto, accusa nelle 24 ore precedenti un sintomo che sarebbe diverso tra donne e uomini. Per le prime il “campanello d’allarme” sarebbe l’assenza di respiro. Diversamente per i secondi sarebbe il dolore al petto. Prevenire un infarto: lo studio statunitense Il direttore del Centro per la prevenzione dell’arresto cardiaco dello Smidt Heart Institute, Harpriya Chugh ha spiegato che “Sfruttare i sintomi premonitori per eseguire un triage efficace per coloro che chiamano un’ambulanza o un servizio sanitario di emergenza potrebbe portare a un intervento precoce e alla prevenzione di morte imminente”. Da qui l’importanza di questo studio che potrebbe essere centrale per la realizzazione di “nuovo paradigma per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa”. LEGGI ANCHE: I soldi fanno la felicità? Ecco cosa rivela il nuovo studio Le basi dello studio Lo studio ha poggiato le sue basi su dati che arrivano a loro volta da altri due precedenti studi, vale a dire il “Presto (Previsione di morte improvvisa nelle comunità multietniche) e il Suds (Studio sulla morte improvvisa e inaspettata). I ricercatori – si legge ancora – hanno spiegato a tale proposito: “Lo studio ha messo a confronto i sintomi individuali e l’insieme di sintomi prima dell’arresto cardiaco improvviso, confrontandoli con i pazienti di controllo che avevano anch’essi richiesto cure mediche di emergenza. I risultati hanno fornito informazioni di importanza inestimabile che aprono la strada a ulteriori studi prospettici in cui verranno combinati tutti i sintomi con altre caratteristiche”.

martedì 22 agosto 2023

Un mostro in cattive mani

22 Agosto 2023 - 11:00 Ieri il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, recentemente riconfermato da questo governo, ha detto che il fisco non deve mai essere amico dei contribuenti. Non c'è dubbio che su questo aspetto l'attuale amministrazione pubblica stia ottenendo dei risultati ragguardevoli: in pochi lo ritengono amico Ieri il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, recentemente riconfermato da questo governo, ha detto che il fisco non deve mai essere amico dei contribuenti. Non c'è dubbio che su questo aspetto l'attuale amministrazione pubblica stia ottenendo dei risultati ragguardevoli: in pochi lo ritengono amico. È complicato, ci viene a trovare troppo spesso, con le sue pretese è fuori mercato, non ammette repliche e sanziona con inflessibilità. Anche dai secondini si pretende umanità e garbo nei confronti dei detenuti, ma non dal direttore del fisco verso i contribuenti. Siamo tutti presunti colpevoli, fino a prova contraria. Senza che ci sia un'indignazione generale. Perché? C'è un motivo psicanalitico, innanzitutto. Ognuno di noi fa i conti con i propri scontrini, o meglio con quelli che non ha richiesto o non ha battuto. Ci sentiamo tutti in fondo e vagamente colpevoli. Ma talmente in fondo, che riteniamo che i veri colpevoli siano altrove: le multinazionali, le banche, gli stranieri con i Suv, i villeggianti nei resort, il vicino di ombrellone. Ma la ragione fondamentale è un'altra. Siamo sottomessi allo Stato e alle sue leggi tributarie, con una sorta di sindrome di Stoccolma. Abbiamo scambiato il rapitore per il benefattore. I funzionari pubblici, dagli esattori delle tasse ai magistrati, dai politici ai manager di Stato, sono al nostro servizio e non il contrario. Ruffini, ma anche il magistrato come il vigile urbano, dovrebbero, in uno Stato liberale, comprendere che non sono lì per volontà divina, ma popolare. Abbiamo perso il nesso per cui il civil servant (avete capito bene, gli anglosassoni lo chiamano servant) è al nostro servizio, e loro si sono dimenticati di lavorare per noi. Sarebbe troppo pretendere, come teorizzavano i grandi fiscalisti italiani alla fine dell'800, che l'origine dell'imposizione sia legata alla tariffa che la collettività paga per stare insieme nel proprio condominio. Oggi il fisco è diventato un mostro, completamente scollegato dalla spesa che alimenta. Sarebbe molto salutare che un direttore dell'Agenzia delle Entrate per qualche tempo si mettesse a fare l'imprenditore, il negoziante, l'artigiano, il dipendente con un lavoretto autonomo, o l'impiegato che non riesce a pagare una multa per aver superato di 8 chilometri il limite di velocità cittadino, con la sua auto diesel semi-paralizzata delle aree ecologiche. Non a fini punitivi, per carità. Ma perché si rendesse conto di cosa ha detto. E di come il fisco, oltre a ridursi nelle sue pretese, dovrebbe proprio riuscire ad essere più vicino, più amico dei contribuenti. Siamo convinti che sia l'intento della legge delega realizzata dal viceministro delle Finanze Maurizio Leo. Ma in che mani l'affida? Al governo, che ha scelto Ruffini e che maneggia i pericolosi argomenti dell'extraprofitto, converrebbe rileggere Luigi Einaudi (testo del 1907) per non farsi scrupoli: «Che i contribuenti combattano una diuturna, incessante battaglia contro il fisco è cosa risaputa, ed è nella coscienza di tutti che la frode fiscale non potrà essere davvero considerata alla stregua degli altri reati finché le leggi tributarie rimarranno, quali sono, vessatorie e pesantissime e finché le sottili arti della frode rimarranno l'unica arma di difesa del contribuente contro le esorbitanze del fisco».